Utili «black list», paga la casa madre
Gli
Il punto 9.3 del provvedimento dell’agenzia delle Entrate del 28 agosto sulla branch exemption chiarisce la portata del comma 5 dell’articolo 168-ter del Tuir innovando rispetto a quanto previsto nella bozza del provvedimento.
La fattispecie oggetto della norma è quella della casa madre italiana che distribuisce ai propri soci utili derivanti dalle sue stabili organizzazioni black list incluse nel perimetro di esenzione. Secondo la bozza di provvedimento tali utili erano tassati integralmente in capo ai soci della casa madre italiana, a prescindere dall’entità della partecipazione detenuta dagli stessi, di controllo o non di controllo. Naturalmente la tassazione integrale in capo ai soci italiani aveva luogo solo quando la disciplina Cfc è stata disapplicata nei confronti della branch a seguito della dimostrazione delle esimenti dell’articolo 167, comma 5, Tuir.
La casa madre
Tale impostazione si basava sulla considerazione che tra casa madre e sua stabile organizzazione non esiste un rapporto partecipativo e i soci della casa madre, anche se di minoranza, partecipano “direttamente” all’investimento estero realizzato dall’impresa residente nel territorio dello Stato mediante una branch. Va evidenziato, infatti, che la tassazione integrale degli utili di provenienza black list opera quando il socio italiano è titolare di una partecipazione diretta nel soggetto black list (a prescindere dall’entità della sua partecipazione) oppure quando la partecipazione conferisce al socio italiano il controllo, diretto o indiretto, sul soggetto black list.
La previsione aveva destato più di una perplessità: ad esempio, ai soci di minoranza non viene riconosciuto il cosiddetto credito d’imposta indiretto a fronte delle imposte assolte dalla partecipata che gli articoli 47 e 89 del Tuir riconoscono solo ai soci di controllo – a mano che non si volesse sostenere che il credito spetta alla società italiana che lo trasferisce ai suoi soci in proporzione agli utili loro distribuiti - e non era chiaro il coordinamento della norma con la circostanza che il socio che percepisce gli utili può anche essere un soggetto non residente al quale, quindi, non dovrebbe applicarsi il regime di imponibilità integrale ma la ritenuta del 26% a titolo d’imposta o le minori ritenute previste da eventuali convenzioni contro le doppie imposizioni.
Il provvedimento dell’Agenzia
Il provvedimento del 28 agosto, al punto 9.3, modifica l’impostazione della bozza pubblicata per la consultazione. È, infatti, stabilito che gli utili provenienti dalla branch esente localizzata negli Stati o territori black list concorrono a formare il reddito imponibile della casa madre al momento della distribuzione degli stessi ai soci della casa madre. Pertanto, la tassazione in misura piena avviene in capo all’impresa italiana e non in capo ai soci della stessa. Nell’eventualità in cui la stabile organizzazione esente integri la prima esimente di cui alla lettera a), comma 5, dell’articolo 167 del Tuir (svolgimento di una effettiva attività industriale o commerciale e radicamento nel mercato locale), viene concesso il credito d’imposta indiretto per eventuali imposte assolte dalla stabile black list previsto dagli articoli 47, comma 4, e 89, comma 3, del Tuir.
La dimostrazione della seconda esimente di cui alla lettera b) del comma 5 dell’articolo 167, ovverosia la prova che il reddito Cfc è stato assoggettato ad un adeguato livello d’imposta, esclude la tassazione integrale di dividendi black list. Il provvedimento stabilisce che ai fini della dimostrazione di tale esimente occorre provare che con la stabile organizzazione non si consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati black list a partire dall’esercizio di efficacia dell’opzione per la branch exemption.
Agenzia delle Entrate, provvedimento 28 agosto 2017