Imposte

Vantaggi legati al prelievo effettivo per la rivalutazione di quote estere

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di Davide Cagnoni e Angelo D’Ugo

Anche le partecipazioni detenute in società estere possono beneficiare della riapertura della possibilità di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni detenute al di fuori del regime d’impresa, offerta dalla legge di Bilancio 2019 (articolo 1, comma 1053 e 1054). Riapertura che offre una buona chance per ridurre la plusvalenza imponibile ai fini Irpef derivante dalla cessione a titolo oneroso della partecipazione posseduta.

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L’«effetto voluntary»
La chiusura della procedura di voluntary disclousure bis (per la quale i termini di accertamento e di irrogazione delle sanzioni sono scaduti al 31 dicembre 2018) ha permesso, tra l’altro, di regolarizzare - e quindi, riportare in chiaro nel confronti del Fisco - anche le partecipazioni estere, con conseguente ampliamento della platea dei soggetti potenzialmente interessati ad avvalersi della riapertura dei termini di rivalutazione.

Al riguardo va in primo luogo segnalato che la localizzazione della partecipata all’estero non rappresenta motivo di ostacolo all’accesso alla rivalutazione. La norma di riferimento, contenuta nell’articolo 5 della legge 448/2001, consente di rivalutare tutte quelle partecipazioni che, se cedute, determinano una plusvalenza o minusvalenza tassabile come reddito diverso, in base all’articolo 67 del Tuir. Pertanto, anche le persone fisiche detentrici di partecipazioni estere possono optare per la rivalutazione, al pari di quanto accade per le partecipazioni in società italiane. Infatti, per i residenti in Italia, le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni estere rientrano nel regime di tassazione previsto dall’articolo 67 del Tuir.

La convenienza fiscale
Tuttavia, anche per le quote estere, come del resto per le italiane, sarà fondamentale effettuare dei conteggi preventivi per valutare la convenienza a procedere con la rivalutazione. La scelta, infatti, dipende dal confronto tra l’imposta sostitutiva dovuta per l’affrancamento (che si applica sull’intero valore risultante dalla perizia delle partecipazioni non quotate e non solo sull’incremento di valore attribuito) e quella dovuta sulla plusvalenza all’atto della cessione, pari al 26% per tutte le tipologie di partecipazioni. Per le plusvalenze realizzate dal 1° gennaio 2019 la legge 205/2017 ha esteso anche alle partecipazioni qualificate l’imposizione sostitutiva con aliquota del 26 per cento.

Questo confronto, necessario anche in passato, diventa oggi ancora più rilevante per via dell’aumento delle aliquote dell’imposta sostitutiva da versare per fruire della rivalutazione. Dall’aliquota unitaria dell’8% della scorsa edizione, si è passati alle seguenti aliquote:
• dell’11% per la rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni che risultano qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c) del Tuir alla data del 1° gennaio 2019;
• del 10% per la rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni che risultano non qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis) del Tuir, sempre alla data del 1° gennaio 2019.

Il carico fiscale «effettivo»
Una volta effettuata l’analisi di convenienza fiscale in termini di maggiori o minori esborsi finanziari da parte del contribuente, è necessario verificare il contenuto delle convenzioni contro le doppie imposizioni con riferimento al Paese estero in cui risulta localizzata la società le cui quote sono oggetto di rivalutazione, al fine di stabilire qual è il Paese che si aggiudica la potestà impositiva.

Solo in questo modo, infatti, sarà possibile valutare l’effettivo carico fiscale complessivo al quale sarà assoggettato il contribuente.

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