Controlli e liti

Holding di partecipazione, niente Irap sui dividendi

La sentenza 2789/7/2022 della Cgt Milano: stop all’imposta regionale su quote valutate con metodo del patrimonio netto

di Marco Piazza

I dividendi percepiti da una holding di partecipazione finanziaria in relazione a partecipazioni in imprese controllate e collegate valutate con il metodo del patrimonio netto non sono soggetti a Irap. Non si applica neppure la tassazione del 50% del dividendo prevista dall’articolo 6, comma 1, lettera a) del Dlgs 446 del 1997 perché i dividendi relativi a partecipazioni non detenute per la negoziazione non rientrano nel margine di intermediazione degli intermediari finanziari e quindi sono totalmente esclusi dalla base di calcolo dell’Irap.

Lo statuisce la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sezione 7 (presidente Saresella, relatore Barbata), con la sentenza 2789 depositata il 17 ottobre 2022, che, a quanto risulta, affronta per la prima volta la complessa tematica.

Le società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari (società di partecipazione finanziaria in base all’articolo 162-bis, comma 1, lettera b, del Testo unico) si trovano una situazione contabile e fiscale incerta. Esse, infatti, essendo di norma società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata o microimprese, non sono tenute ne possono redigere il bilancio applicando gli Ias (articolo 2, comma 1, lettere da e a g del Dlgs 38 del 2005) a meno che non si tratti di holding che detengo il controllo di banche, Sim o società finanziarie iscritte nell’albo di cui all’articolo 106 del Tub, Ciò nonostante, il calcolo del valore della produzione ai fini Irap deve essere fatto sulla base dell’articolo 6 del Dlgs 446 del 1997 il quale si basa sullo schema di bilancio delle banche, che è completamente diverso da quello del Codice civile.

Ne derivano diversi problemi applicativi perché la determinazione della base imponibile Irap è calibrata sul bilancio redatto secondo i criteri degli intermediari finanziari, mentre queste società seguono il bilancio civile (Assonime, circolare 16/2019, nota 41).

Un caso emblematico è proprio quello dei dividendi affrontato con una motivazione molto dettagliata dalla Ctg di primo grado di Milano (la contribuente è stata assistita dallo studio Alonzo Committeri & Partners).

Nel bilancio delle banche, i dividendi relativi a partecipazioni detenute per la negoziazione devono essere iscritti nella voce 70 che fa parte del margine di intermediazione rilevante ai fini Irap (voci da 10 a 110 del conto economico). Essi concorrono a formare l’imponibile Irap nella misura del 50 per cento per effetto dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del Dlgs 446/1997. I dividendi delle partecipazioni in imprese controllate o sottoposte ad influenza notevole sono iscritti, invece, nella voce 220 che non entra nel margine di intermediazione. Se viene usato il metodo del patrimonio netto, le relative riserve da valutazione sono iscritte nel prospetto della redditività complessiva e nel caso in cui, successivamente, la società partecipata distribuisce un dividendo questo viene dedotto dal costo della partecipazione, senza imputazione al conto economico. Analogo meccanismo opera per le società che applicano i principi Oic, salvo che la rivalutazione viene imputata al conto economico e non a patrimonio.

La Corte di giustizia tributaria da un lato afferma che solo i dividendi da “trading” entrano nel margine di intermediazione (voce 120 del conto economico), dall’altro esclude che sia applicabile l’articolo 2, comma 2 del Dm 8 giugno 2011 che rigurda solo le componenti iscritte nel prospetto della redditività complessiva con o senza rigiro.

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