Controlli e liti

Autoriciclaggio, reato autonomo per il professionista

di Giovanni Negri

Linea dura della Cassazione sul commercialista che agevola l’autoriciclaggio. Deve essere infatti sanzionato non tanto a titolo di concorso, ma a titolo autonomo e per il reato di riciclaggio. Lo chiarisce la Corte di cassazione, intervenendo per la prima volta sul punto, con la sentenza n. 17235 della Seconda sezione penale depositata ieri. Viene così confermata la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Napoli a Stefania Tucci, ex moglie di Gianni De Michelis che, secondo l’accusa, aveva contribuito a realizzare una serie di operazioni commerciali, finanziarie e societarie, attraverso le quali erano state fatte rientrare in Italia somme considerevoli e di provenienza illecita che Luigi Bisignani deteneva all’estero.

La difesa aveva sostenuto che i fatti contestati e accertati dovevano essere riqualificati come concorso nel nuovo reato di autoriciclaggio e che di conseguenza andava dichiarata l’insussistenza del fatto perché le somme di denaro non erano state impiegate in attività economiche o finanziarie oppure la non punibilità perché le somme sarebbero state utilizzate solo per godimento personale, o, infine, l’estinzione del reato per prescrizione.

La Cassazione, nell’affrontare la questione, sottolinea innanzitutto - facendo riferimento anche ai lavori parlamentari - come l’introduzione nel Codice penale del reato di autoriciclaggio sia stata la conseguenza di un vuoto normativo evidenziato anche in sede internazionale. In precedenza, infatti, il Codice prevedeva solo il riciclaggio, che punisce chi ricicla denaro o altre utilità provenienti da un reato commesso da un altro soggetto. Non era invece punito il riciclaggio in prima persona e cioè la condotta di sostituzione o di trasferimento di denaro, beni o altre utilità ricavate commettendo un altro delitto doloso.

Una premessa che serve alla Corte per farne discendere l’impossibilità di un’interpretazione che avalli un trattamento sanzionatorio più favorevole di quello precedente per chi non ha preso parte al reato presupposto e, in seguito, ha posto in essere una condotta di riciclaggio agendo in concorso con chi è chiamato direttamente a rispondere di autoriciclaggio.

Del resto, differenziare i titoli di reato con riferimento a condotte concorrenti non deve stupire, sottolinea la sentenza, visto che il sistema penale già ricorre a questa soluzione in alcuni casi. Con riferimento al delitto di evasione, per esempio, il concorso di terzi estranei non detenuti è incriminato autonomamente a titolo di procurata evasione. Stesso discorso per quanto riguarda l’infanticidio, dove si prevede un trattamento sanzionatorio diverso per la madre che procura la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale.

Anche la previsione di sanzioni più lievi per l’autoriciclaggio «trova giustificazione unicamente con la considerazione del minor disvalore che anima la condotta incriminata, se posta in essere (non da un extraneus, bensì) dal responsabile del reato presupposto, il quale abbia conseguito disponibilità di beni, denaro ed altre utilità ed abbia inteso giovarsene, pur nei modi oggi vietati dalla predetta norma incriminatrice, risultando responsabile di almeno due delitti (quello non colposo presupposto e l’autoriciclaggio) non necessariamente in concorso ex articolo 81 Codice penale».

Per la Corte, poi, non è d’ostacolo alla conclusione raggiunta il comma 7 dell’articolo 648 ter.1 del Codice, con la previsione che le disposizioni materia di autoriciclaggio, come quelle sulla ricettazione, si applicano anche quando l’autore del delitto da cui provengono il denaro o le cose non è imputabile o punibile oppure quando manca una condizione di procedibilità.

Cassazione, II sezione penale, sentenza 17235 del 18 aprile 2018

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