Adempimenti

Acconti alla prima chiamata, poi il versamento con lo 0,40%

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di Pierpaolo Ceroli e Luisa Miletta

La scadenza del 2 luglio per il versamento del primo acconto delle imposte sui redditi è in dirittura d’arrivo e per i contribuenti coinvolti è già tempo di riflettere sui rimedi nel caso si superi il temine dimenticandosi di adempiere agli obblighi di pagamento, oppure se si erra calcolo di quanto versare.

I contribuenti che scelgono di versare le imposte dovute (saldo per l’anno 2017 e prima rata di acconto per il 2018) nel periodo dal 3 luglio al 20 agosto 2018 devono applicare sulle somme da versare la maggiorazione dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.
Se anche questa chance decorre invano, c’è l’ultima spiaggia del ravvedimento operoso, istituto disciplinato dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997, che consente all’autore di omissioni o di irregolarità, commesse nell’applicazione delle disposizioni tributarie, di rimediarvi spontaneamente, fruendo di rilevanti riduzioni delle sanzioni amministrative ordinariamente irrogabili.

Affinché il ravvedimento operoso esplichi effetti ai fini della regolarizzazione della violazione, tuttavia, è necessario effettuare il versamento delle imposte dovute, unitamente alle sanzioni previste per la specifica violazione e agli interessi legali, ovvero presentare o integrare la dichiarazione fiscale, se l’adempimento è dichiarativo.

Qualora non si rispetti tale condizione, il ravvedimento dovrebbe considerarsi non perfezionato e di conseguenza si dovrà versare, in misura piena, la sanzione prevista per la violazione commessa che si sarebbe voluto sanare usufruendo delle riduzioni.

Sul punto l’agenzia delle Entrate nella circolare 27/E/2013 ha confermato il principio espresso con la risoluzione 67/E/2011, ossia che il ravvedimento di quanto originariamente e complessivamente dovuto può considerarsi perfezionato anche solo parzialmente, cioè limitatamente all’importo versato entro la scadenza del termine per il ravvedimento. In buona sostanza, se il ravvedimento è effettuato solo in relazione a una parte dell’importo omesso versando, oltre a quest’ultimo, sanzioni e interessi commisurati su tale parte, l’Agenzia potrà pretendere le sanzioni piene per l’omesso versamento sull’importo non versato/ravveduto.

Inoltre, la circolare 27/E/2013 tratta l’ipotesi in cui il contribuente, in sede di ravvedimento, effettui un versamento complessivo di imposta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli interessi non siano commisurati all’imposta versata a titolo di ravvedimento. Diversamente dalla precedente posizione, l’agenzia delle Entrate afferma che «il ravvedimento potrà ritenersi perfezionato con riferimento alla quota parte dell’imposta … proporzionata al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo».

Per potere considerare il ravvedimento valido, sebbene parzialmente, secondo l’Agenzia è comunque necessario che, in sede di predisposizione del modello di versamento, il contribuente abbia quantomeno provveduto a imputare parte di quel versamento all’assolvimento delle sanzioni, indicando l’apposito codice tributo. In questo modo, secondo l’amministrazione, la presenza della sanzione evidenzia l’intenzione del contribuente di avvalersi dei benefici del ravvedimento operoso. Tali considerazioni devono valere anche nell’ambito dei versamenti gestiti tramite procedure automatizzate, vale a dire agli esiti scaturenti dai controlli automatizzati (non ancora adeguati). Pertanto, essi dovranno intervenire “manualmente” al fine di variare, ove occorre, i codici tributo e a suddividere gli importi versati a vario titolo (imposta, interessi, sanzione), in modo da determinare l’importo ancora da versare sulla base della percentuale di completamento individuata ai sensi della circolare 27/E/2013.

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