Professione

Advisor tutelati nel concordato

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di Claudio Ceradini

La Cassazione ha confermato la natura prededucibile, nel fallimento che intervenga in seguito al concordato preventivo, del credito del professionista per i compensi derivanti dall’opera svolta nella precedente fase di accesso al concordato stesso (ordinanza numero 27694 del 21 novembre scorso). Si tratta di un consolidamento interpretativo prezioso, perlomeno per due ragioni:

- da un lato, la maggiore solidità della condizione del professionista creditore che ne scaturisce rende più praticabile lo svolgimento delle attività, complesse e intense, necessarie a trovare una soluzione alla crisi;

- dall’altro lato, è ragionevole ritenere che il radicamento interpretativo influirà sulla declinazione normativa dello stesso tema, attesa in applicazione della legge 155/2017 di delega al Governo per la riforma delle discipline di crisi e insolvenza, che è intervenuta su questo punto.

L’ordinanza della Cassazione conferma l’interpretazione dell’articolo 111, comma 2, della legge fallimentare (Rd 267/1942), che per favorire l’adozione di formule di soluzione negoziata della crisi, introduce una deroga alla rigorosa gerarchia delle prelazioni, estendendo nella formulazione successiva alla riforma del 2006, la prededucibilità nel fallimento consecutivo a tutti i crediti, tra cui quelli dei professionisti, sorti in funzione o in occasione di precedenti procedure concorsuali (Cassazione, 5098/2014 e 19013/2014). Il percorso argomentativo convince, nella misura in cui distingue il concetto di funzionalità da quello di utilità concreta per la procedura delle prestazioni professionali da cui il credito scaturisce, e che la stessa Cassazione (sentenza 8534/2013) aveva indicato come dirimente, giudicando però di una vicenda intervenuta prima della riforma.

In effetti se la distinzione tra privilegiato e prededotto fosse affidata alla concreta utilità derivatane alla procedura, è evidente che la valutazione non potrebbe essere che sistematicamente negativa, posto che interviene proprio nel fallimento decretato dal mancato realizzo di quella utilità. La verifica non può essere ex post e la funzionalità della prestazione deve essere accertata in relazione alla procedura alla quale si riferisce. Unico presupposto della prededucibilità è che l’assistenza abbia condotto perlomeno all’ammissione al concordato preventivo, esulando il successivo sviluppo della procedura dall’opera degli advisor.

Anche la legge 155/2017, nel tracciare le linee della riforma della legge fallimentare, interviene su prededuzione e compensi professionali, in due punti.

L’articolo 2, comma 1, lettera l), delinea il principio generale della riduzione di tempi e costi delle procedure e contenenimento delle ipotesi di prededuzione, riferendosi in ciò esplicitamente, e solamente, ai compensi professionali.

L’ articolo 6, alla lettera c) del comma 1, conferma la necessità di stabilire la misura massima dei compensi professionali, e aggiunge la delega al Governo per precisare sia le modalità di accertamento della veridicità dei dati e della fattibilità del piano, sia i presupposti della prededuzione, da condizionare all’apertura della procedura in base all’articolo 163 della legge fallimentare.

La ratio della delega è chiara, e la razionalizzazione di ruoli e funzioni, e relativi costi, non potrà che andare a beneficio della soddisfazione dei creditori, posto che le loro aspettative hanno, nell’esperienza vissuta, talvolta sofferto dell’erosione massiccia dell’attivo concorsuale indotta dagli oneri, consulenziali e giudiziali insieme.

La revisione va tuttavia calibrata. Il Dl 83/2015 ha rafforzato le condizioni di soddisfazione minime ammissibili per i creditori, inserendo l’obbligo di indicare nella proposta l’utilità, specificamente individuata ed economicamente valutabile, che il proponente si impegna ad assicurare loro.

Pur in assenza di uniformità interpretativa sulla sovrapponibilità dei concetti «assicurare» un’utilità e «garantire» una percentuale di soddisfazione (si veda la sentenza del Tribunale di Pistoia del 29 ottobre 2015), è indubitabile che l’attuazione del piano concordatario, pur prognostica, debba essere oggi prospettata in termini di ragionevole certezza, e non di mera probabilità. Ciò impone, nelle linee guida tracciate dai principi sia di redazione che di attestazione del piano di risanamento emessi dal Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili, l’opera congiunta di advisor strategici, industriali, contabili e legali che nei ristretti tempi imposti dalla crisi conducano, specie nelle ipotesi di continuità, alla predisposizione prima, e alla attestazione indipendente poi, di un percorso e di una proposta resi sufficientemente affidabili da visibili e concreti elementi di innovazione.

Efficienza e ragionevolezza impongono quindi che a compensi calmierati, ma solidamente prededotti, corrispondano obiettivi adeguati.

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