Affitti, stop alle imposte sui canoni non percepiti dal 1° gennaio 2020 per tutti i contratti
Nella bozza del decreto Imprese viene esteso a tutte le locazioni il regime più favorevole al contribuente
Smettere di pagare le imposte sui canoni non incassati già dal momento di intimazione dello sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento, senza dover aspettare la fine del procedimento di convalida dello sfratto. Quella che oggi è una possibilità riservata solamente ai contratti di locazione abitativa stipulati dal 1° gennaio 2020 verrà estesa a tutti i canoni non percepiti dal 1° gennaio 2020. Lo prevede il decreto Sostegni-bis che il Governo sta per varare, anche se nella bozza del provvedimento si legge che la modifica potrebbe essere inserita nella conversione in legge del decreto Sostegni (Dl 41/2021), anziché nel nuovo veicolo normativo.
Il Governo - in pratica - è orientato a estendere la salvaguardia introdotta con il decreto Crescita (Dl 34/2019), che aveva introdotto una prima attenuazione alla controversa regola secondo cui “si paga anche se non si incassa”.
La regola è quella dell’articolo 26, comma 1, del Tuir, secondo cui «i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili». Per le sole locazioni abitative, la norma base concede - a favore del locatore - un tax credit pari alle imposte «versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità». Il problema è che per maturare il credito d’imposta bisogna attendere la convalida dello sfratto, versando nel frattempo tutti i tributi.
Il decreto Crescita del 2019 consente di anticipare il momento in cui si smette di pagare le imposte all’atto introduttivo della verifica giurisdizionale della morosità (intimazione di sfratto per morosità o ingiunzione di pagamento). Ma questo solo per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2020. Per quelli precedenti resta la regola base.
Le abitazioni locate nel nostro Paese sono circa 3,4 milioni (rapporto «Gli immobili in Italia», 2019), mentre i nuovi contratti “lunghi” registrati ogni anno sono circa 1,2 milioni (Nota metodologica al Rapporto immobiliare Omi, annualità 2017-2019). È facile allora capire come il doppio regime introdotto nel 2019 si presti facilmente a disparità di trattamento tra i diversi locatori, privilegiando chi opera in mercati soggetti a un maggior tasso di rotazione contrattuale.
Con il prossimo provvedimento il Governo non eliminerà del tutto la regola base, ma ne restringerà moltissimo il campo applicativo, stabilendo che la regola fissata dal decreto Crescita del 2019 varrà per tutti i canoni non percepiti dal 1° gennaio 2020, anche se derivanti da contratti siglati prima di quella data. In pratica, sarà la data del mancato incasso a decidere il regime fiscale, non la data di stipula del contratto. Per i canoni non incassati fino al 31 dicembre 2019, invece, varrà ancora la regola base, ad applicazione ormai residuale.
Nulla cambierà per i contratti non residenziali, per i quali non è previsto alcun credito d’imposta. In questo caso, però, il locatore può interrompere il pagamento delle imposte a partire dal momento in cui viene meno un contratto di locazione in senso proprio, come ha precisato da tempo la Corte costituzionale (sentenza 362/2000).