Amministratori scelti dallo Stato: «parla» lo statuto
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Esiste un’unica deroga a questi principi tipici di carattere privatistico ed è prevista dall’articolo 2449 Codice civile: lo Stato o l’ente pubbico possono prevedere nello statuto la nomina di amministratori e sindaci - ovvero componenti del consiglio di sorveglianza - in numero proporzionale alla propria partecipazione al capitale sociale. Analogalmente è riconosciuto all’ente pubblico anche il potere esclusivo di revoca degli amministratori dallo stesso nominati. Principio questo che secondo l’ordinanza della Corte di cassazione (si veda l’articolo a fianco) ha l’unica finalità di impedire la totale frustrazione della designazione effettuata, secondo statuto, dall’ente pubblico e degli interessi di natura pubblica ad essa sottesi.
Secondo le Sezioni unite (si confrontino n. 30167 del 2011 e le successive conformi), la nomina e la revoca degli organi sociali da parte dell’ente pubblico devono essere ascritte agli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario e restano perciò interamente assoggettate alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito.
L’inquadramento privatistico delle società con partecipazione dello Stato è stato affermato, altresì, dalla Corte di giustizia Ue la quale - con diversi provvedimenti - aveva ritenuto non coerenti con il principio comunitario della libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione europea le disposizioni che, anche in presenza di interessi pubblici, vadano ad incidere sul principio della parità di trattamento tra gli azionisti.
Anche la Corte costituzionale ha ricondotto al diritto privato le disposizioni sulla nomina e sulla revoca degli amministratori e ha sottolineato che l’intuitus personae sotteso al rapporto di nomina degli amministratori esclude la rilevanza immediata dei principi - costituzionalmente garantiti - di buon andamento ed imparzialità della Pa.
La riconduzione della materia in questione alla disciplina civilistica è stata oggi anche attuata dal decreto legislativo 175/2016 - riforma Madia- della quale vanno particolarmente evidenziate la disposizione del terzo comma dell’articolo 1, secondo cui «per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel Codice civile e le norme generali del diritto privato».
Non può infine non richiamarsi anche la norma di cui all’articolo 12 che - occupandosi di responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate - ha introdoto nel nostro ordinamento il principo secondo il quale i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali.
Resta sempre salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società pubbliche.