Contabilità

Ancora molti dubbi per l’effetto a cascata dell’unificazione dei termini dichiarativi

di Giorgio Gavelli

Termine unificato al prossimo 31 ottobre per tutti i modelli dichiarativi Redditi e IRAP ordinariamente scadenti nel periodo compreso tra il 1° luglio ed il 30 settembre, ivi comprese le società di capitali (con esclusione delle micro-imprese) già precedentemente “autorizzate” alla trasmissione prorogata al 16 ottobre dall'articolo 13-bis del Dl 244/2016 in quanto interessate dalle nuove regole di bilancio.

È questo l'effetto del Dpcm 26 luglio 2017, con conseguenze “a cascata” su tutti gli altri termini legati a quello di trasmissione della dichiarazione (ravvedimenti operosi, stampa dei libri contabili, etc.). Tuttavia, restano ancora molte le differenze, tanto a livello civilistico che fiscale, tra i diversi soggetti d'imposta, con molti dubbi ancora non chiariti, come ricordato sia da Assonime, (Circolare n. 14/2017) che dalla Fondazione Nazionale Commercialisti (informativa datata 8 agosto 2017).
Riguardo ai termini di presentazione delle dichiarazioni Redditi e Irap 2017, è noto che modelli e istruzioni sono superati dal Dpcm 26 luglio 2017. Se, prima di tale decreto, vi era una distinzione netta delle scadenze tra:

• soggetti di cui all'articolo 83, comma 1-bis, Tuir (soggetti Oic diversi dalle micro-imprese), con termine di presentazione fissato al 16 ottobre 2017 dall'articolo 13-bis, comma 1, del Dl n. 244/2016

e

• soggetti diversi (comprese le imprese individuali, le società di persone e le micro-imprese), con termine fermo al 30 settembre 2017;

attualmente vige il termine unificato del 31 ottobre, con l'unica differenziazione (utile nei casi di interruzione del periodo d'imposta o periodi “a cavallo”) riguardante l'intervallo temporale originario di scadenza per il coinvolgimento nella proroga, compreso tra il 1° luglio ed il 16 ottobre per i soggetti del primo gruppo e tra il 1° luglio ed il 30 settembre per quelli del secondo. Resta però da comprendere come e da chi vada compilata la casella “art. 13-bis” introdotta nel frontespizio della dichiarazione Redditi SC dal Provvedimento di correzione dei modelli dell'11 maggio scorso.

Relativamente agli impatti della riforma codicistica, invece, notevoli e rilevanti sono i nodi ancora da sciogliere. Ci si interroga, infatti, in primo luogo su eventuali ricadute per le società di persone, sulla base delle seguenti norme:
• articolo 2217, comma 2, c.c., secondo cui “nelle valutazioni di bilancio l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili”;
• articolo 111-duodecies delle disposizioni di attuazione al codice, il quale prevede che le società di persone redigano il bilancio secondo le norme previste per le SpA solo quando tutti i soci illimitatamente responsabili siano società di capitali.
In proposito le posizioni dottrinali sono estremamente variegate e non aiutano ad affrontare casi concreti: è, ad esempio, impedito alle società di persone di capitalizzare costi di ricerca o pubblicità, ovvero di continuare a mantenere nell'attivo patrimoniale gli oneri capitalizzati anteriormente al 2016? Come rileva una Snc l'esistenza di un contratto derivato?
Altro tema da non sottovalutare è quello dell'eventuale rilevanza dimensionale per le società di persone: una SnC o una SaS che supera i limiti previste per le micro-imprese ha obblighi di bilancio differenziati rispetto alle altre?
Sotto l'aspetto fiscale (su cui, naturalmente, impattano anche le risposte ai dubbi sorti in sede civile), le perplessità maggiori riguardano la possibilità per le micro-imprese (ed eventualmente per le società di persone) di abbracciare la derivazione rafforzata propria delle società di maggiori dimensioni, nel caso optino per la redazione di un bilancio ordinario o abbreviato. Letteralmente, tale opportunità sembra negata, e ciò può costituire una seria complicazione. Da un lato, infatti, si fa rilevare come anche le micro-imprese siano state interessate dalle novità contabili (prevalenza della sostanza sulla forma, acquisto azioni proprie, etc.), dall'altro si evidenzia come società ben strutturate sotto l'aspetto amministrativo (si pensi alle holding industriali) siano, restando al dato meramente numerico, microimprese. Attualmente, ove una di queste società rediga il bilancio in forma ordinaria e valuti crediti e debiti con il criterio del costo ammortizzato, si troverebbe (a quanto sembra) impossibilitata ad applicare il principio di derivazione rafforzata (articolo 13-bis del D.L. n. 244/2016 e Decreto 3 agosto 2017), con conseguente gestione di un dubbio binario civilistico-fiscale che si presenta assai complesso.
Va, infine, rilevato come, per regola generale (articolo 3, comma 2, Decreto n. 48/2009, nel testo modificato dal decreto del 3 agosto scorso), nelle operazioni intercorse tra micro-imprese e soggetti OIC ciascuno segue la propria disciplina fiscale (così come accade tra soggetti OIC e IAS adopter), con la conseguenza che, ad esempio, un trasferimento di proprietà intervenuto giuridicamente ma non ancora “sostanzialmente” (trasferimento dei rischi e benefici) non sarà rilevato contabilmente da nessuna delle due imprese, ma la micro-impresa dovrà determinare il proprio imponibile come se il bene fosse già stato trasferito. Considerate le complicazioni, ci si chiede se non sia più opportuno collegare la disciplina fiscale non tanto alla tipologia dimensionale dell'impresa, quanto, invece, alla forma di bilancio prescelta. L'unico ostacolo in tal senso, probabilmente, è rappresentato dalla possibilità di arbitraggi tali da giustificare il continuo “rimbalzare” tra una forma di bilancio e l'altra, a seconda della convenienza fiscale del momento. Ma un simile scenario è plausibile?

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