Antiriciclaggio, accesso anche ai dati fiscali nello studio
Lo scambio di informazioni in materia fiscale non comporta, in sostanza, ulteriori adempimenti per i liberi professionisti. Premesso che tali adempimenti sono già in carico agli intermediari finanziari con le comunicazioni alla Anagrafe dei conti presso l’agenzia delle Entrate, si tratta di utilizzo delle notizie e dati trattenuti ai sensi della regolamentazione antiriciclaggio anche a fini fiscali.
La circolare della Guardia di Finanza del 9 luglio scorso ( si veda Il Quotidiano del Fisco del 24 luglio ) declina quanto previsto dal Dlgs 60/2018 sull’accesso delle autorità fiscali dei Paesi Ue alle informazioni antiriciclaggio. Non che questo in Italia non ci fosse già. Infatti, gli incroci con l’Anagrafe dei conti e dei depositi e con le informazioni trasmesse dalle banche e dagli intermediari finanziari in base alla legge 95/2015 (in sintesi, esistenza e movimentazioni conti accesi a cittadini americani o comunque non residenti), è la prassi. Così come, in caso di segnalazioni di operazioni sospette alla Uif, in base all’articolo 35 del Dlgs 231/2007, l’Unità di informazione finanziaria utilizzerà, tra gli altri, lo strumento dell’Archivio dei conti per gli arricchimenti investigativi delle Sos.
Il comma 1 dell’articolo 34 del decreto antiriciclaggio prevede poi (sin dal 2007) che le informazioni ed i dati acquisiti a fini antiriciclaggio siano utilizzabili anche a fini fiscali. L’accesso dell’agenzia delle Entrate, per i dati raccolti dal 1° gennaio di quest’anno, avverrà per il tramite della stessa Gdf, per cui sarà possibile anche presso i liberi professionisti e gli altri soggetti non finanziari. Questa nuova regolamentazione internazionale ora recepita compiutamente in Italia concorre altresì alla soluzione della questione della fornitura alle Fiamme Gialle dei dati della clientela, sollevata soprattutto dai liberi professionisti, se essi hanno natura fiscale e non meramente antiriciclaggio.
Che cosa cambia? Innanzitutto, l’accesso da parte delle autorità fiscali (per noi, l’agenzia delle Entrate) su richiesta ai fascicoli detenuti dai liberi professionisti per ciascun cliente. L’Agenzia, ricordiamolo, non è «autorità di vigilanza di settore» (comma 2, lettera c, dell’articolo 1 del decreto antiriciclaggio), per cui l’abilitazione doveva riceverla in altro modo. I fascicoli, conservati in base all’articolo 34 del Dlgs 231/2007, contengono l’adeguata verifica del cliente, ossia i moduli compilati e i documenti prodotti al professionista all’atto del conferimento dell’incarico. Dal form dell’adeguata verifica si dovranno ricavare lo scopo e natura della prestazione richiesta e il titolare effettivo della stessa. A tal proposito va ricordato, che l’adeguata verifica è lo strumento ritenuto strategico dalle autorità di prevenzione e contrasto al riciclaggio per ricavare informazioni utili non solo alla discoperta del reato in questione, ma soprattutto dei reati presupposto, ossia quelli (i più numerosi sono, per l’appunto, fiscali) che stanno a monte del processo di reinvestimento di capitali illeciti.
La regolamentazione avrà anche come sbocco naturale la contestazione di reati di autoriciclaggio, in quanto i soggetti che investono somme rivenienti da delitti di cui alle norme tributarie internazionali possono essere accusati contemporaneamente anche di questo. Per questi motivi lo scambio delle informazioni è strategico, e soprattutto bisogna tranquillizzare i detentori delle stesse, che non sono soggetti finanziari (professionisti, altri soggetti non finanziari, operatori del settore dei giochi), che trattasi di dati dei quali già dispongono, anzi debbono disporre, altrimenti non potrebbero, ai sensi dell’art. 42 del decreto 231/07, instaurare o mantenere in essere i rapporti con la clientela.