Arriva la procedura di allerta per combattere in tempo la crisi
L’introduzione delle misure d’allerta, ossia di un meccanismo di rilevamento tempestivo e segnalazione delle imprese in crisi o insolventi indirizzato in primo luogo a sollecitare l’imprenditore a prendere le misure adeguate in un brevissimo termine e in seconda battuta a provocare l’intervento di un apposito organismo istituito presso la Camera di commercio con comunicazione finale al pubblico ministero in caso di fallimento del tentativo di composizione negoziata con i creditori, è la previsione più innovativa della legge delega di riforma della disciplina della crisi d’impresa. Lo scopo è quello di contrastare efficacemente il fenomeno della sistematica ritardata emersione delle situazioni d’insolvenza: come varie ricerche hanno dimostrato attualmente si perviene all’apertura delle procedure concorsuali, sia fallimenti sia concordati preventivi, mediamente tre anni dopo il momento in cui risulta certo che l’impresa non è o non sarà a breve in grado di estinguere regolarmente i propri debiti.
La genesi
L’istituto era già stato previsto nel 2004 nella bozza di riforma della Commissione Trevisanato ma allora la proposta fu accantonata essendo prevalsa la posizione di chi riteneva che i meccanismi di autoregolazione del mercato avrebbero assicurato un giusto e funzionale equilibrio.
Oggi è pacifico che il principale obbiettivo enunciato con la riforma del 2006, ossia le procedure concorsuali e in particolare il concordato preventivo come strumenti finalizzati principalmente alla conservazione degli assets aziendali, non si è realizzato: la quasi totalità dei fallimenti e la grande parte dei concordati preventivi intervengono quando non vi è più alcuna attività aziendale in corso. È maturata anche la consapevolezza che i livelli di soddisfacimento dei creditori nei fallimenti ma anche nella quasi totalità delle procedure di concordato preventivo sono catastrofici: nei fallimenti sono rarissimi i casi in cui si distribuisca qualcosa ai creditori chirografari, in primo luogo i normali fornitori, e tra i creditori chirografari rientrano per incapienza patrimoniale anche gran parte dei creditori astrattamente titolari di crediti privilegiati come artigiani ed erario; quanto ai concordati preventivi da varie ricerche sta emergendo che nelle procedure aperte da cinque anni la percentuale media di soddisfacimento dei creditori chirografari effettivamente realizzata è poco superiore al 5% e in una buona parte dei casi non vi è stato alcun pagamento a loro favore.
I numeri
Per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno si consideri che i crediti dell’Erario e degli enti previdenziali attualmente insinuati nei fallimenti, che rappresentano quasi il 40% del totale, ammontano (dati agli atti della Camera) a livello nazionale a 161 miliardi di euro (161.720.831.000) e il soddisfacimento medio risulta del 1,64%. Proiettando su base nazionale i risultati dell’analisi dei dati del Tribunale di Milano i crediti insinuati dai fornitori, circa la metà di quelli di Erario ed enti previdenziali, ammontano a circa 80 miliardi.
La chiave di volta per comprendere la causa della esiguità dei casi di apertura di procedura concorsuale con attività d’impresa ancora in corso e del bassissimo livello di soddisfacimento dei creditori è rappresentata proprio dalla tardiva emersione dell’insolvenza come dimostrato da alcune ricerche incentrate sull’analisi dei bilanci delle società in concordato relativi a gli ultimi cinque esercizi precedenti l’apertura della procedura.
La patologia
Effetto della tardiva emersione dell’insolvenza oltre allo svuotamento progressivo della garanzia patrimoniale e il conseguente mancato soddisfacimento o il soddisfacimento in misura minimale dei crediti è anche l’alterazione del sistema della concorrenza posta la frequenza con cui imprese in stato di crisi o già d’insolvenza proseguono per anni la propria attività pianificando il non pagamento di una parte dei debiti, a cominciare da quelli verso l’erario e gli enti previdenziali per passare poi via via a varie categorie di fornitori, con conseguenti politiche dei prezzi devastanti per le imprese concorrenti.
A questo spesso fa seguito, in prossimità del manifestarsi conclamato del dissesto, il trasferimento di fatto dell’attività aziendale in capo a nuovo soggetto o il suo trasferimento di diritto utilizzando strumentalmente l’istituto del concordato preventivo secondo un disegno già previsto ab origine. In molti casi la posticipazione di anni dell’apertura della procedura concorsuale è finalizzata unicamente al sottrarre enorme risorse alla finanza pubblica, in particolare Iva, per cui sono frequenti fallimenti di società intestate a prestanomi con debiti di decine di milioni di euro verso l’Erario maturati impunemente in vari anni senza alcuna iniziativa ulteriore rispetto alla notifica della cartelle esattoriali e qualche inutile tentativo di azione esecutiva.
Negli ultimi anni vi sono stati interventi normativi per incentivare l’imprenditore in crisi o insolvente a utilizzare più tempestivamente strumenti alternativi alla liquidazione fallimentare. Indubbiamente qualche effetto positivo in termini di anticipazione vi è stato, ma il panorama complessivo non è significativamente modificato. Oggi il legislatore ha preso atto che l’unico strumento per incidere in modo adeguato sulla patologia della tardiva emersione delle situazioni di crisi o di dissesto è la creazione di un sistema pubblico di misure d’allerta in quanto l’esperienza ha dimostrato che lasciare l’iniziativa esclusivamente al debitore ed ai creditori non è sufficiente.
I creditori
Riguardo in particolare ai creditori va considerato che esistono nella realtà delle asimmetrie informative per cui i creditori che percepiscono prima la criticità della situazione economico-finanziaria dell’impresa, ad esempio per il ruolo che hanno nella gestione del relativo ciclo finanziario, tendono ovviamente a muoversi nella prospettiva della ricerca di una soluzione col debitore a sé favorevole con l’effetto molto spesso di ritardare il manifestarsi del dissesto con grave pregiudizio per gli altri creditori. Gli stessi creditori che percepiscono l’insolvenza solo nel momento in cui si manifesta con l’inadempimento verso di essi privilegiano inevitabilmente la prospettiva del realizzo del proprio credito utilizzando lo stesso strumento dell’istanza di fallimento essenzialmente come forma di pressione per ottenere un pagamento, per cui in concreto si perviene di norma all’apertura della procedura concorsuale dopo varie azioni esecutive e molteplici istanze di fallimento desistite in un contesto di avvenuta disgregazione della realtà aziendale e con un disavanzo patrimoniale che non offre serie possibilità di soddisfacimento ai creditori.
Questo è il contesto che consente di comprendere il significato della scelta compiuta dal legislatore e l’impatto che essa potrà avere una volta completato l’iter legislativo con l’emanazione del decreto legislativo.
La riforma fallimentare approvata definitivamente dal Senato