Controlli e liti

Bankitalia lancia l’indicatore per mappare l’evasione

Analizzate le opinioni degli italiani nelle indagini sui bilanci delle famiglie

di Davide Colombo

La propensione a evadere le tasse è diffusa tra gli italiani ed è maggiore tra i capifamiglia con redditi e livelli di istruzione più bassi, tra le persone più anziane e i residenti nelle regioni del Sud. E, pur mostrando una certa stabilità, questo atteggiamento culturale prima ancora che comportamentale è cresciuto negli anni della crisi, spinto da motivazioni marginali che lo giustificano come, per esempio, la necessità di salvare la propria attività dal rischio di espulsione dal mercato.

L’ultima analisi sul complesso fenomeno dell’evasione fiscale (valutata dal Mef in 110 miliardi nell’ultimo anno pre-pandemia, per il 90% sono mancate entrate tributarie, il resto contributi non versati) arriva con un Occasional paper appena pubblicato (n.607/2021) nella serie “Questioni di Economia e finanza” della Banca d’Italia. Il lavoro, curato da Giovanni D’Alessio, del Dipartimento di Economia e statistica, prende le mosse dalle opinioni raccolte in quattro diverse indagini nazionali che si sono succedute nel ventennio a cavallo del secolo (1992-2013) per costruire un indicatore sintetico che misura questa propensione, la sua intensità tra i gruppi sociali e la sua evoluzione. L’indagine principe utilizzata, nelle sue varie edizioni, è qualla di Bankitalia sui bilanci delle famiglie, che l’anno scorso non s’è effettuata per via dell’emergenza sanitaria. Si tratta di una base campionaria significativa perché comprende anche il lavoro dipendente e i pensionati, e l’indicatore è costruito con l’analisi delle componenti principali su un panel di una dozzina di domande proposte sul tema. I risultati mostrano una crescita della propensione all’evasione che, al termine di un ventennio colpito da due recessioni molto severe, è passata dal 37 al 43% per la componente “medio-alta”. La crescita della propensione all’evasione è associata, a parità di altre condizioni, a redditi meno elevati, un’evidenza riscontrata in altre indagini nazionali e internazionali e che induce a riflettere su come questo atteggiamento potrebbe ulteriormente peggiorare dopo la drammatica prova della pandemia. Come detto alcuni dei driver registrati nelle opinioni coincidono con situazioni che nell’analisi sono definite «marginali», come per esempio il consenso crescente per risposte tipo («Alcuni cittadini sono costretti ad evadere le tasse per mantenere la propria attività»), con il 61,1 per cento toccato nel 2013, oltre 20 punti in più di quanto stimato nella rilevazione del 2004. Ma in crescita sembra anche la percezione che «si rischia poco a non pagare» (60,1 per cento; era il 54,8 nel 2004) e quella secondo cui «le aliquote sono troppo alte» (57,1%; era il 44,4 nel 2004).

Negli anni considerati la propensione è cresciuta di più al Nord e tra gli under 30. Due dimensioni che rendono strategico il test dell’indicatore sintetico nel “new normal” cui vorremmo presto arrivare, dopo la recovery e grazie agli effetti del piano vaccinale in pieno corso.

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