Contabilità

Cessioni d’azienda tassate sul «dichiarato»

di Angelo Busani

Il pagamento del prezzo di una cessione d'azienda mediante accollo, in capo all'acquirente, delle passività che gravano l'azienda stessa e la ricomprensione, nel perimetro aziendale, di passività ritenute non inerenti all'attività imprenditoriale sono stati oggetto di una pluralità di recenti decisioni della Cassazione: ad esempio la n. 24081/2015, la n. 23873/2015 e la n. 22099/2016 in tema di accollo e la n. 10218/2016 e la n. 2048/2017 in tema di passività non inerenti.

Questa recente giurisprudenza di legittimità è stata l'occasione per l'elaborazione, da parte del Consiglio nazionale del notariato, di uno studio recentemente pubblicato (e identificato con il n. 99-2017/T), nel quale si compie una ricognizione in merito alla base imponibile per la tassazione del contratto di trasferimento a titolo oneroso di un'azienda.

Le norme inerenti la determinazione della base imponibile degli atti a titolo oneroso aventi a oggetto il trasferimento di aziende sono contenute nell'articolo 43, comma 1, lett. a), e nell'articolo 51, commi 1 e 2, del Dpr 131/1986, il testo unico dell'imposta di registro. Secondo questa normativa:

la base imponibile è costituita dal «valore» dell'azienda alla data dell'atto traslativo;

per «valore» deve intendersi «quello dichiarato dalle parti nell'atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto», fermo restando che all'amministrazione è attribuito il potere di rettificare la base imponibile fatta oggetto di tassazione in sede di registrazione quando ritenga che il valore preso a riferimento per il calcolo dell'imposta (il «valore dichiarato» o il «corrispettivo pattuito») sia inferiore al «valore venale in comune commercio» dell'azienda oggetto di trasferimento. Il «valore venale» è il valore che un bene ha in un determinato momento storico, tenendo conto delle sue specifiche caratteristiche materiali e giuridiche e tenendo conto delle condizioni dei contraenti e del mercato valutate nella loro “normalità”, e cioè non alterate da elementi (oggettivi o soggettivi) di eccezionalità

In altri termini, la base imponibile è rappresentata dal «valore dichiarato» del bene trasferito; ad esempio, qualora in una compravendita di azienda sia pattuito un corrispettivo di 400, ma sia indicato che il diritto trasferito (o costituito) ha il valore di 700 (è un'ipotesi che può verificarsi, ad esempio, quando il venditore sia in particolari difficoltà finanziarie e pertanto accetti di “svendere” un bene di sua proprietà).

Viceversa, è il «corrispettivo pattuito» a costituire la base imponibile per la determinazione dell'ammontare dell'imposta di registro qualora in un contratto di compravendita di azienda, come accade nella massima parte dei casi, manchi l'indicazione di un valore del diritto trasferito, ma sia menzionato solamente il «corrispettivo pattuito»; oppure qualora sia dichiarato, per il diritto trasferito il valore, ad esempio, di 600, ma sia pattuito un prezzo di 900 (è il caso della compravendita di un bene per il quale il compratore è disposto a pagare un prezzo superiore a quello di mercato, per il fatto di avere un particolare interesse ad acquisirne la proprietà).

Tuttavia, dato che la base imponibile deve comunque coincidere con il «valore venale in comune commercio», l'amministrazione può pretendere (irrogando – ove ne ricorrano i presupposti – la relativa sanzione al contribuente che abbia preteso una tassazione applicata a una base imponibile minore) di assoggettare invece a tassazione il «valore venale in comune commercio» qualora ritenga che il trasferimento del diritto posto in essere abbia «un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito».

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