Con il tax ruling il mosaico va verso il completamento
Il mosaico dello scambio di informazioni si arricchisce di un tassello ulteriore. Lo scorso 10 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente il Dlgs di recepimento della direttiva 2015/2376/Ue che introduce un framework comune ai Paesi membri dell’Unione per lo scambio automatico delle informazioni riguardanti i tax ruling preventivi transfrontalieri e gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento. Dietro a tali espressioni si celano gli accordi preventivi che le imprese raggiungono con il Fisco dei Paesi Ue, volti a determinare il trattamento fiscale di talune operazioni oppure, come più frequentemente accade, la determinazione ex ante dei metodi e delle percentuali per giungere al “valore normale” dei prezzi di trasferimento di beni e servizi tra società che appartengono al medesimo gruppo.
Gli accordi in questione, se combinati con taluni assetti societari, possono portare il tax rate complessivo di gruppo ad attestarsi su pochi punti percentuali, alterando così le regole di concorrenza. E proprio nella stessa direzione, ovvero quella di accendere un faro sulle attività dei gruppi al fine di prevenire operazioni di pianificazione aggressiva, va il Dm 23 febbraio 2017 pubblicato lo scorso 8 marzo in Gazzetta. Il decreto recepisce la direttiva 2016/881 in tema di country-by-country reporting, che pone in capo alle società capogruppo e, a certe condizioni, anche alle società controllate l’obbligo di comunicare alle autorità fiscali dello Stato di residenza l’allocazione Paese per Paese di ricavi e utili ante-imposte, delle imposte versate e maturate e di altri indicatori quali gli utili non distribuiti, il numero di dipendenti e le immobilizzazioni materiali. Il primo invio è previsto entro il 31 dicembre di quest’anno con riferimento al 2016. È stabilito che i dati potranno essere utilizzati dall’Agenzia solo ai fini di una valutazione di rischio preliminare.
Il mosaico dello scambio di informazioni si compone poi di ulteriori ed eterogenee misure internazionali che coprono, secondo le modalità dello scambio automatico, spontaneo o su richiesta, un ampissimo spettro di informazioni rilevanti ai fini fiscali. A livello Ue è stata data attuazione al framework Ocse per lo scambio automatico disposto dal Common reporting standard, che riguarda principalmente i “conti” detenuti da persone fisiche o da società a essi riconducibili in istituzioni finanziarie al quale dal 2018 aderiranno 100 giurisdizioni. Tra il 2015 e il 2016 l’Italia ha ratificato numerosi accordi per lo scambio di informazioni ai fini fiscali, sulla base dell’articolo 26 del modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni e nuove convenzioni in materia tributaria con Stati prima considerati black list (come Svizzera, Liechtenstein, Monaco) mutando radicalmente la geografia dei paradisi fiscali (che sono sempre di meno, e sempre più lontani e rischiosi). Peraltro ieri il Mef ha concluso con l’amministrazione svizzera l’accordo per rendere operativo lo scambio mediante lo strumento delle «richieste di gruppo» (strumento che potrebbe essere di incentivo per chi sta valutando la nuova voluntary).
Invero, sul punto va notato che il mutato assetto internazionale si scontra con le black list domestiche, non aggiornate rispetto al nuovo scenario, creando discriminazioni tra identiche categorie di contribuenti. In questo senso vanno accolti con favore i lavori della Commissione Ue per un’unica “lista” valida a livello europeo. E auspichiamo che questi lavori ispirino in fretta il legislatore domestico per la creazione di una unica white list interna di giurisdizioni cooperative per consentire di individuare i paradisi fiscali “in negativo” e superare l’attuale ginepraio delle black list di casa nostra, non più al passo coi tempi.