Controlli e liti

Cooperazione fiscale, richieste di gruppo lecite se individuano i contribuenti sospetti

Resta vietata l’istanza con un perimetro indeterminato di bersagli

di Alessandro Galimberti

Le richieste di assistenza amministrativa fiscale tra Stati per “gruppi” di contribuenti sono legittime se e in quanto descrivono in modo dettagliato e completo i “bersagli” della verifica, e solo se spiegano gli obblighi fiscali violati e ovviamente le ragioni del sospetto a loro carico.

La Corte di giustizia Ue torna sul meccanismo delle «richieste di gruppo» - schema ancora molto utilizzato da varie amministrazioni e consentito, a determinate condizioni, dalla Direttiva 2011/16 - per definire i confini di un istituto particolarmente ostico per alcune fasce di contribuenti europei.

Il caso analizzato riguarda una società madre lussemburghese che controlla un’immobiliare francese, e che prima ancora è proprietaria di immobili in Francia. Quanto è bastato per dare il “la” a una richiesta di informazioni fiscali diretta da Parigi al Granducato, richiesta a cui la società madre si è opposta in via amministrativa (vanamente) e poi giudiziaria. Proprio il Tribunale amministrativo lussemburghese ha adottato il rinvio pregiudiziale sulla base dell’eccezione proposta dalla contribuente, secondo cui la richiesta amministrativa peccava di indeterminatezza nell’individuare gli obiettivi.

In particolare nel rinvio si chiedeva alla Corte di pronunciarsi se, e a quali condizioni, rispetto alla nozione di «probabile pertinenza» di cui alla Direttiva 2011/16, una richiesta di informazioni possa riguardare un gruppo di persone identificabili, ma non individuato per nome e individualmente. La chiara e intellegibile individuazione del «gruppo» serve ad evitare, come noto, il rischio di richiesta generalizzata “a strascico” vietata dalla Direttiva 2011/16.

Secondo la Corte, il concetto di «identità» per questi scopi comprende non solo il nome e altri dati personali, ma anche un insieme di qualità o caratteristiche distintive che consentono di identificare la persona o le persone soggette al controllo o all’indagine. Un’interpretazione restrittiva di tale nozione, infatti, priverebbe di efficacia lo strumento di cooperazione e confliggerebbe con l’obiettivo di contrasto alla frode e all’elusione fiscali internazionali che la collaborazione tra Stati si prefigge di conseguire. La Corte argomenta poi che l’indicazione dell’«identità del soggetto sottoposto a controllo o indagine», quale elemento essenziale delle richiesta di informazioni, può riguardare non solo soggetti individuati nominativamente e individualmente, ma anche un gruppo ristretto di persone identificabili sulla base di un insieme comune di qualità o caratteristiche che le contraddistinguono. L’autorità richiedente è tenuta a fornire una descrizione quanto più dettagliata e completa del gruppo di contribuenti oggetto di verifica o indagine, a spiegare gli obblighi fiscali specifici di tali soggetti e a spiegare le ragioni per cui si sospettano “quei” contribuenti.

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