Corrispettivi, sanzione pesante per chi memorizza e non trasmette i dati
La circolare 3/E allinea la mancata trasmissione all’omessa registrazione: penalità del 100%
Chi memorizza correttamente i corrispettivi (includendoli nella relativa liquidazione periodica) ma non li trasmette telematicamente viene sanzionato come chi non memorizza affatto i corrispettivi (in passato si sarebbe detto come chi «non batte lo scontrino»). La conferma viene dalla circolare 3/E/2020 del 21 febbraio, la quale recepisce sostanzialmente il contenuto della norma.
Il quadro normativo
Con l’articolo 2 del Dlgs 127/2015 è stato stabilito che gli obblighi di memorizzazione e di trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono sia gli obblighi di certificazione (legge 413/1991 e Dpr 696/1996) che quelli di registrazione Iva (articolo 24 del Dpr 633/1972).
Sotto il profilo sanzionatorio, il comma 6 dell’articolo 2 del Dlgs 127/2015 prevede che si applica, «in caso di mancata memorizzazione o di omissione della trasmissione», la sanzione prevista dall’articolo 6, comma 3, del Dlgs 471/1997 in relazione alla mancata documentazione dei corrispettivi (100 per cento dell’imposta, con un minimo di 500 euro).
Va notata la disgiunzione «o»: quando infatti si fa riferimento al trattamento sanzionatorio, la norma fa riferimento alla mancata memorizzazione «o» all’omissione della trasmissione dei dati. In sostanza, se i corrispettivi non vengono memorizzati, si applica senz’altro la sanzione del 100 per cento (dell’imposta relativa all’imponibile non memorizzato, con un minimo di 500 euro), e in tal caso la penalità non si applica per il conseguente omesso invio dei dati (trattandosi di inadempimento conseguente alla mancata memorizzazione, in questo senso si esprime anche la circolare 3/E/2020).
Tuttavia, se i corrispettivi vengono memorizzati (e fatti concorrere regolarmente nella liquidazione periodica Iva), ma non viene effettuato l’invio dei dati - entro i termini di legge - trova comunque applicazione la sanzione del 100 per cento.
Nessuna evasione del tributo
Tutto ciò è davvero paradossale – e illegittimo in quanto non in linea con il principio di proporzionalità delle penalità – poiché non si realizza alcuna evasione del tributo, ma semplicemente un inadempimento di una comunicazione all’Amministrazione finanziaria.
Un simile inadempimento non può che essere punito con una sanzione fissa, proprio delle infrazioni formali.
Peraltro, andrebbe ricordato che, come è stato già riportato (si veda Il Sole 24 Ore del 26 agosto 2019), una violazione è da considerare meramente formale, dunque non sanzionata, quando una violazione «di base» formale – come quella del mancato invio dei corrispettivi all’amministrazione – viene regolarizzata spontaneamente dal contribuente prima dell’inizio di un controllo della stessa amministrazione. Altrimenti, le violazioni meramente formali risulterebbero soltanto teoriche. Così che si ritiene che se il contribuente trasmette anche dopo i termini di legge – purché prima dell’effettiva attività di controllo – i dati dei corrispettivi, non possa venire sanzionato.
Comunque rimane il fatto che quando il corrispettivo è stato regolarmente memorizzato, e non si è provveduto alla trasmissione dei dati, tale violazione non può essere punita con una sanzione (proporzionale) rapportata a un’imposta che non è stata affatto evasa.
La sospensione della licenza
Ulteriormente, si rileva che la circolare 3/E prende in considerazione anche l’ulteriore sanzione prevista dalla norma: quella della sospensione (tra 3 giorni a un mese) dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività in presenza di quattro distinte violazioni in un quinquennio (articolo 12, comma 2, del Dlgs 471/1997). Sul punto, viene rilevato che vanno considerate anche quelle commesse precedentemente (quando si «battevano gli scontrini»).
Così viene fatto l’esempio di tre violazioni commesse nel 2018 e di una commessa nel 2020 (con il nuovo obbligo di memorizzazione e invio dei corrispettivi), che porterebbe alla sospensione della licenza.
A tale riguardo va precisato che non sono sufficienti le tre violazioni commesse in passato, ma occorre che si tratti di tre distinte constatazioni – che si sommano a quella del 2020 - anche di violazioni plurime (in tal senso, articolo 12, comma 6, del Dlgs 472/1997 sul cumulo giuridico e circolare 23/E/1999).