Contabilità

Costo ammortizzato, gli interessi integrano il valore contabile

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di Pierpaolo Ceroli e Agnese Menghi

Con la redazione dei bilanci riferiti all'anno 2017, il criterio del costo ammortizzato, per la valutazione dei crediti (ma anche dei debiti e dei titoli), trova il suo secondo anno di applicazione per le società che redigono il bilancio in forma ordinaria; infatti, le micro imprese e quelle che redigono il bilancio in forma abbreviata possono continuare ad iscriverli al valore di presumibile realizzo. Anche per i bilanci “ordinari”, comunque, sono previste delle ipotesi di disapplicazione del costo ammortizzato e ciò si verifica quando i crediti scadono entro 12 mesi oppure, se con scadenza superiore a 12 mesi, i costi di transazione e ogni differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo (Oic 15).

Si parla di costo ammortizzato in quanto tale criterio di valutazione può essere assimilato ad un procedimento di ammortamento, poiché i costi di transazione (ad esempio spese di istruttoria o commissioni) sono ammortizzati lungo la durata del credito per effetto dell'applicazione del criterio del tasso di interesse effettivo (Tir), cioè il tasso che uguaglia il valore dei flussi di cassa futuri a quello attuale.

Ciò premesso, per la valutazione al costo ammortizzato occorre innanzitutto:
•verificare se il tasso di interesse desumibile dal contratto si discosti significativamente dal tasso di mercato, in quanto in questa ipotesi occorre procedere all'attualizzazione del credito, che prevede un passaggio intermedio prima del calcolo del Tir. In particolare, è richiesto che il valore del credito sia attualizzato utilizzando il tasso di mercato.
Ad esempio (si veda anche l'Oic 15), supponendo che il valore nominale di un credito, con scadenza a 5 anni, sia pari a mille euro e che il tasso contrattuale (2%, interessi pari a 20 euro) si discosti significativamente da quello di mercato pari al 4%, occorre attualizzare i flussi di cassa futuri con quest'ultimo tasso, con la seguente formula: 20/(1,04)1+20/(1,04)2+20/(1,04)3+20/(1,04)4+1.020/(1,04)5. Si ottiene che il valore attuale è pari a 910,97 euro.

Calcolato il valore di partenza:
•si aggiungono i costi di transazione e si individua il valore di iscrizione iniziale;
•si determina il tasso di interesse effettivo.

Riprendendo il precedente esempio, immaginiamo che i costi di transazione siano 15, il valore di iscrizione iniziale del credito è, quindi, pari ad 925,97 euro (910,97+15). A questo punto occorre individuare il tasso effettivo, che si ricava dalla seguente formula: 925,97=20/(1+x)1+20/(1+x)2+20/(1+x)3+20/(1+x)4+1.020/(1+x)5. Il tasso così ottenuto è 3,6464%.

Nelle rilevazioni successive, la società deve:
•determinare gli interessi attivi calcolati al tasso effettivo (pari al valore in bilancio moltiplicato per il tasso appena individuato: 925,97*3,6464%=33,76) ed aggiungerli al credito (925,97+33,76=959,73);
•sottrarre a tale ultimo valore il flusso di cassa effettivamente riscosso, pari ad € 20, considerato il tasso del 2%, ottenendo così il valore da iscrivere nel bilancio successivo a quello della rilevazione iniziale, pari a 939,73 euro (959,73-20).

Contabilmente, gli interessi effettivi vanno rilevati nella parte finanziaria del conto economico, in contropartita dell'aumento del valore del credito; mentre il flusso di cassa in entrata va rilevato come diminuzione del credito e in dare come maggiore disponibilità liquida.

In assenza di svalutazioni, i punti 4 e 5 vanno ripetuti fino a scadenza e si noterà che calcolando la differenza tra gli interessi effettivi e i flussi di cassa si otterranno i costi di transazione inizialmente aggiunti al valore del credito (punto 2). Qualora, invece, si proceda alla svalutazione, occorre rettificare il dato contabile per tenere conto dei nuovi flussi di cassa futuri, ricorrendo comunque al tasso di interesse effettivo rilevato inizialmente.

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