La rimanenza del credito sul riacquisto della prima casa è «riciclabile»
Secondo l’interpello 223/2020 le somme inutilizzate per incapienza Irpef sono spendibili in un altro rogito
Se il credito d’imposta originato dal riacquisto della “prima casa” non può essere utilizzato in sede di rogito e nemmeno è capiente il debito Irpef (derivante dalla dichiarazione dei redditi del contribuente successiva al rogito), la rimanenza del credito può essere scomputata da qualsiasi ulteriore imposta che il contribuente debba assolvere, come, ad esempio, l’imposta di registro relativa alla compravendita di una casa di villeggiatura.
È quanto afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 223/2020 del 22 luglio scorso.
Il quadro
La materia in esame è disciplinata dall’articolo 7, comma 1, legge 23 dicembre 1998, n. 448: chi vende l’abitazione comprata con l’agevolazione “prima casa “ e, entro un anno da tale vendita, compra un’altra abitazione con l’agevolazione “prima casa” matura un credito d’imposta.Il credito d’imposta è pari all’importo minore tra:
• l’imposta di registro o dell’imposta sul valore aggiunto pagate in sede di acquisto dell’abitazione poi venduta;
• l’importo della imposta di registro o della imposta sul valore aggiunto dovuta per l’acquisto agevolato della nuova casa di abitazione.
Le istruzioni
Pertanto, ad esempio:
■ se, in sede di primo acquisto, si siano pagati 2 mila euro per imposta di registro e in sede di secondo acquisto siano da pagare 1.200 euro per imposta di registro, il credito d’imposta spetta nella misura di 1.200 euro (e, quindi, azzera completamente l’imposta dovuta per il secondo acquisto);
■ se, in sede di primo acquisto, si siano pagati 1.400 euro per imposta di registro e in sede di secondo acquisto siano da pagare 2.000 euro per imposta di registro, il credito d’imposta spetta nella misura di 1.400 euro (e, quindi, restano da pagare 600 euro per il secondo atto di acquisto).
I possibili utilizzi
Quanto, dunque, al tema dei possibili “utilizzi” del credito d’imposta, la legge specifica che esso:
— può essere portato in diminuzione dall’imposta di registro dovuta sull’atto di acquisto agevolato che lo determina;
— può essere portato in diminuzione per l’intero importo, dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito;
— può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto;
— può altresì essere utilizzato in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e, cioè, in compensazione dalle somme dovute a titolo di ritenute d’acconto, di contributi previdenziali o assistenziali o di premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali.
Il caso concreto
Ora, nel caso oggetto della risposta a interpello n. 223, il contribuente aveva maturato un credito d’imposta che non riusciva a utilizzare – se non minimamente – in sede di secondo acquisto (trattandosi di un atto soggetto a Iva e quindi produttivo di imposte di registro, ipotecaria e catastale solo in misura fissa) e anche le imposte sui redditi dovute dal contribuente in questione in sede di successiva dichiarazione dei redditi non si rendevano capienti per “ospitare” il credito d’imposta. Pertanto il quesito era se, non essendo stati sufficienti i primi due “tentativi” di utilizzo del credito d’imposta, si rendesse possibile utilizzare la parte residua del credito d’imposta in occasione del rogito d’acquisto di una seconda casa. L’Amministrazione ha dunque risposto in senso affermativo in quanto la normativa in materia si rende pacificamente interpretabile in tal senso.