Dichiarazione infedele, evasione punita applicando l’aliquota del momento del reato
Ai fini penali l’imposta evasa si determina applicando l’aliquota vigente al momento in cui è stato commesso il reato e non quella successiva, anche se più favorevole al contribuente. Per il “favor rei”, infatti, occorre verificare che sia stata modificata la fattispecie astratta che integra l’illecito.
A fornire questa importante precisazione è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza 11520 depositata il 15 marzo 2019. L’amministratore di una società veniva condannato per il reato di dichiarazione infedele (articolo 4 Dlgs 74/2000) ai fini Ires. La Corte di appello confermava la decisione del tribunale e l’indagato ricorreva così in Cassazione.
Tra i motivi, la difesa rilevava che, nelle more del processo, il legislatore tributario aveva modificato l’aliquota Ires, fissandola al 24% anziché al 27,5%. Ne conseguiva che applicando la nuova aliquota, l’imposta evasa risultava inferiore alla soglia di punibilità della violazione prevista dal precetto penale. Si trattava cioè di una norma più favorevole e quindi, in virtù del “favor rei”, il calcolo dell’imposta evasa non superava la soglia di punibilità.
La Corte ha ritenuto infondato il ricorso sul punto. In passato, le Sezioni unite hanno chiarito che, per l’applicazione del “favor rei”, va verificata la condotta facendo riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto (Sezioni unite 2451/2007, 1966/2008, 24468/2009). Nella specie, la modifica apportata al parametro di calcolo dell’imposta Ires non è una norma che ha influito sulla fattispecie penale.
L’articolo 4 del Dlgs 74/2000 prevede che, fuori dei casi di dichiarazione fraudolenta (previsti dagli articoli 2 e 3 del Dlgs 74/2000), è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’Iva, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a queste imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 150mila euro;
l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a tre milioni di euro.
Il precetto penale, quindi, nel disciplinare la sanzione per la dichiarazione infedele, prevede la sussistenza dell’elemento oggettivo, ossia che siano superate contemporaneamente due soglie (elementi sottratti ad imposizione e imposta evasa), e dell’elemento soggettivo, cioè che la violazione è stata commessa con il fine di evadere le imposte.
La riduzione dell’aliquota Ires, dal 27,5% al 24%, non ha modificato nessuno degli elementi previsti e la soglia di punibilità è rimasta invariata. Ne consegue, pertanto, che la fattispecie astratta del reato è rimasta immutata e la modifica della norma tributaria non ha influito sulla disciplina penale.