Dichiarazione di terzi con valore limitato nel processo tributario
La facoltà di produrre in giudizio la dichiarazione resa da un terzo ha un valore probatorio limitato a quello degli elementi indiziari, i quali non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione ma possono concorrere a formare il convincimento del giudice. Ad affermarlo è la sentenza 7271/2017 della Cassazione , nell’accogliere il ricorso delle Entrate contro la pronuncia d’appello. Quest’ultima era stata chiamata a pronunciarsi nuovamente, a seguito del rinvio operato dalla Suprema corte con l’ordinanza 3096/2011.
Infatti in precedenza la stessa Ctr, ribaltando la decisione di primo grado, aveva accolto un ricorso del contribuente contro gli avvisi di accertamento relativi agli anni 1998-2001 inerenti un maggior reddito accertato ex articolo 38 del Dpr 600/1973 .
In particolare la vicenda riguardava la proprietà di un’imbarcazione, per la quale – con l’ordinanza della Cassazione – era stata rinviata la sentenza ai giudici del merito perché fosse riformata, in quanto non motivata in relazione alla validità della documentazione fornita (le dichiarazioni dei terzi, con le quali i parenti del contribuente avevano attestato prestiti in favore del contribuente), nonché per il rilievo che l’utilizzo dell’imbarcazione da parte di altri soggetti non stava a significare alcun «finanziamento fatto dall’utilizzatore a colui che risulta acquirente», bensì una possibile interposizione fittizia.
Ma la sentenza cassata non si è attenuta alla valutazione espressa nell’ordinanza della Suprema corte, avendo accolto il ricorso del contribuente in ragione dell’apprezzamento di elementi non idonei ad integrare la prova contraria alla presunzione di maggior reddito imponibile, e cioè che quest’ultimo attenga a redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte (o, attualmente, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, ai sensi dell’articolo 38, comma 4, del Dpr 600/1973). Di nessun conto il rilievo «scontato e inconducente» della disponibilità di rilevanti somme liquide da parte del contribuente, in quanto «l’incremento patrimoniale già di per sé dimostra tale disponibilità e che, trattandosi appunto di recuperare a tassazione tali risorse non fiscalmente dichiarate, si trattava di dimostrare, da parte del contribuente, che esse derivassero da redditi esenti o soggetti a tassazione alla fonte».
Escluso, quindi, che la prova possa essere costituita da dichiarazioni sostitutive di atto notorio rilasciate dai parenti del contribuente, la Suprema corte osserva anche che la finalità da raggiungere – con prova documentale – è che i redditi comunque esclusi da tassazione siano in effetti utilizzati per coprire le spese contestate, «escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico».
Cassazione, sentenza 7271/2017