Controlli e liti

Donazione dell’immobile solo per il mantenimento

immagine non disponibile

di Angelo Di Sapio e Alberto Gianola

Con l’ordinanza n. 28829, depositata lo scorso 30 novembre, la Cassazione torna a pronunciarsi sul perimetro dell’articolo 64 della Legge fallimentare. La Corte conferma che l’attribuzione patrimoniale effettuata da un coniuge, poi fallito, a favore dell’altro coniuge, in vista della loro separazione, va qualificata come atto gratuito soggetto a revoca nel caso in cui l’opponente non provi che essa abbia la funzione di integrare o sostituire quanto dovuto per il mantenimento del coniuge beneficiario o dei figli.

Il caso analizzato in giudizio riguardava un trasferimento dell’abitazione familiare compiuto quattro mesi prima dell’ammissione al concordato preventivo. Il rogito parlava di «donazione», ma in realtà l’attribuzione intendeva soddisfare l’esigenza abitativa familiare, la quale, ad avviso dei giudici di legittimità, è estranea all’obbligo di mantenimento ed è tutelata dall’articolo 47 della Legge fallimentare, ai sensi del quale la casa del fallito è sottratta al generale principio di apprensione da parte della procedura solo nei limiti in cui sia necessaria all’abitazione sua e della sua famiglia.

La Cassazione distingue i trasferimenti che hanno funzione integrativa o sostitutiva dell’obbligo di mantenimento del coniuge o dei figli dai trasferimenti privi di tale funzione, che, per ciò stesso, sono atti gratuiti soggetti a revoca ex articolo 64 della Legge fallimentare. In questo caso l’interesse dei creditori prevale su quello del coniuge e dei figli del fallito, salvo che l’attribuzione in favore di questi ultimi serva a soddisfare il loro diritto di credito al mantenimento.

Il principio enunciato dalla Corte di legittimità può essere agevolmente applicato in negativo per definire i trasferimenti che, nel contesto familiare, non sono a titolo oneroso e quindi, in quanto a titolo gratuito, sono soggetti a revoca automatica. Più complessa appare, invece, l’applicazione in positivo: occorre individuare bene i trasferimenti che hanno funzione integrativa o sostitutiva dell’obbligo di mantenimento non soggetti a revoca automatica.

Le obbligazioni familiari danno luogo a debiti il cui ammontare non è preciso, ma va da un minimo a un massimo a discrezione del debitore. I genitori devono mantenere il figlio, ma le risorse impegnate a tal fine dipendono da scelte discrezionali: possono desiderare un figlio più o meno poliglotta, sportivo, colto, elegante, attivandosi di conseguenza.

Nel contesto familiare non vale la regola della determinazione perfetta dell’obbligazione, in base alla quale quanto corrisposto dal debitore in più oltre l’esatto dovuto è donazione o pagamento ingiustificato. L’attribuzione familiare priva di corrispettivo volta a soddisfare il mantenimento del beneficiario secondo le condizioni della famiglia, che sia adeguata alla consistenza patrimoniale del genitore, integra un atto esecutivo di un’obbligazione prevista dal legislatore: come tale, non è soggetta a revoca di diritto. Qui sta una possibile soluzione, che trova fondamento nel dettato legislativo: l’articolo 64 della Legge fallimentare impone di verificare non solo il tipo di esigenza cui l’attribuzione fa fronte (il mantenimento), ma pure che l’attribuzione sia proporzionata al patrimonio del disponente. Il che implica e presuppone un’analisi ponderata del caso concreto.

Corte di cassazione – Sentenza 28829/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©