Imposte

Donazioni indirette fuori dal «coacervo»

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di Paolo Ludovici e Gianmarco Dellabartola

Con la sentenza n. 6497/22/17 depositata il 21 novembre 2017 la Ctp di Milano ha statuito, a quanto consta per la prima volta nella giurisprudenza pubblicata, che non vanno considerate nel “coacervo” di cui all'articolo 57 del Dlgs 346/1990 del Tus (Testo unico sulle successioni e donazioni) le precedenti liberalità indirette non soggette ad imposta sulle successioni e donazioni.

Nel caso oggetto di controversia, un coniuge aveva donato all'altro somme e titoli per un importo inferiore alla franchigia di 1 milione. Nel medesimo atto di donazione era stato altresì dichiarato che vi era stata una precedente liberalità indiretta tra i due coniugi, costituita dall'acquisto da parte del donatario di un immobile il cui prezzo, superiore alla franchigia di 1 milione, era stato integralmente pagato al venditore dal donante. Con l'avviso di liquidazione l'Ufficio aveva ritenuto che la precedente liberalità avesse integralmente eroso la franchigia ancorché questa fosse espressamente esclusa da imposizione ai sensi dell'articolo 1, comma 4-bis del Tus, domandando in pagamento l'imposta di donazione calcolata sull'intero importo di somme e titoli donati.

La Ctp di Milano ha correttamente ritenuto che la precedente liberalità indiretta non soggetta ad imposta non avesse eroso, come invece sostenuto dall’Ufficio, la franchigia, con la conseguenza che la donazione non dovesse scontare alcuna imposta. A detta dei giudici meneghini, infatti, la tesi dell'Ufficio tradirebbe la ratio dell'articolo 57 del Tus: la precedente liberalità indiretta, esentata da imposizione per espressa disposizione di legge, se diventa rilevante ai fini del computo della franchigia, viene di fatto tassata. Inoltre, i giudici di Milano hanno osservato che se il contribuente avesse posto in essere prima la donazione di denaro e titoli e poi la liberalità indiretta, non avrebbe scontato alcuna imposizione.

Tale interpretazione merita di essere condivisa in virtù sia della ratio sottesa alla disposizione sia del dato testuale della stessa norma. In primo luogo, infatti, ricomprendere tali liberalità nel coacervo ai fini dell'erosione della franchigia significherebbe tradire le ragioni fondanti l'introduzione di tale istituto, la cui chiara finalità è quella di evitare che – attraverso il compimento frazionato di più atti di donazione tra le medesime parti – si possa fruire ripetutamente della franchigia di esenzione. Se dunque questa è la volontà del legislatore, è evidente che ai fini del computo del coacervo non possono assumere rilevanza liberalità indirette che, sempre per volontà del legislatore, sono espressamente escluse da imposizione. Computarle in tale calcolo avrebbe infatti l'effetto di assoggettarle (contra legem) ad imposizione, seppur indirettamente, ovverosia mediante erosione della franchigia per le donazioni successive, come peraltro rilevato in dottrina nonché dal Consiglio Nazionale del Notariato (fra gli altri, Studio n. 113-2000/T).

Inoltre, anche il testo della normativa conferma le conclusioni della Ctp di Milano. Infatti, l'articolo 57 del Tus stabilisce che il valore complessivo dei beni donati deve essere maggiorato delle sole «donazioni, anteriormente fatte dal donante al donatario». Le liberalità indirette (così Cass., SS.UU, n. 18725/2017) non devono essere tenute quindi in considerazione ai fini del calcolo del coacervo.

Infine, degna di nota è altresì la statuizione della Ctp di Milano che ha estromesso dal giudizio il donante. Infatti, diversamente da quanto accade per l'imposta di registro (articolo 57 del Dpr 131/1986), ai sensi dell'articolo 5 del Tus «l'imposta è dovuta … dai donatari per le donazioni».

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