Doppie imposizioni, gli sgravi provano ad anticipare la documentazione estera
La Corte di giustizia potrebbe dare impulso ad una semplificazione delle procedure di applicazione diretta degli sgravi previsti dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.
Capita spesso che il sostituto d’imposta, corrispondendo un reddito soggetto a ritenuta ad un non residente, applichi direttamente la convenzione internazionale contro le doppie imposizioni vigente con l’altro Stato – esentando il reddito in tutto o in parte – pur non essendo ancora in possesso della documentazione comprovante il diritto del percipiente di beneficiare del trattato.
Se la Corte confermerà le conclusioni dell’Avvocato generale del 25 luglio scorso nella causa C-553/16, sarà confermato che le norme o la prassi di uno Stato membro che prevedano l’addebito di interessi di mora (in Italia anche di sanzioni) per il periodo compreso fra la data in cui il sostituto avrebbe dovuto versare la ritenuta e quella (successiva) in cui il non residente ha fornito la documentazione contrastano con le libertà fondamentali del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
È una tematica molto sentita anche in Italia. Le convenzioni stipulate dal nostro Paese contengono, nell’articolo dedicato ai metodi per evitare le doppie imposizioni o nel protocollo, una clausola secondo la quale le autorità competenti dei due Stati possono stabilire di comune accordo procedure diverse rispetto a quella di rimborso per l’applicazione delle riduzioni d’imposta alle quali dà diritto la Convenzione. L’Italia, da anni, consente unilateralmente che i sostituti d’imposta, «sotto la propria responsabilità», applichino direttamente l’esenzione o le minori aliquote convenzionali «previa presentazione» da parte dei beneficiari del reddito della documentazione idonea a dimostrare l’effettivo possesso di tutti i requisiti previsti dalla Convenzione (da ultimo risoluzione 143/E del 22 novembre 2017 e la prassi citata che risale al 1999; si vedano anche le Faq reperibili sul sito dell’agenzia delle Entrate ). È stato approvata anche una modulistica (non concordata con altri Paesi) da utilizzare come domanda di sgravio (provvedimento delle Entrate 2013/84404 del 10 luglio 2013).
Le istruzioni prevedono che i modelli – completi dell’attestazione di residenza fiscale rilasciata dall’Autorità fiscale dello Stato in cui il beneficiario dei redditi è residente – vanno presentati al sostituto d’imposta italiano che, sotto la propria responsabilità, ha facoltà di applicare direttamente il regime fiscale previsto dalla Convenzione per le singole fattispecie reddituali (aliquota agevolata o esonero). Le stesse istruzioni stabiliscono che «ai fini dell’applicazione diretta della Convenzione», l’attestazione dell’autorità fiscale estera contenuta nel modello ha validità “a decorrere dalla data di rilascio” fino al termine del periodo d’imposta indicato nel modello, sempre che le condizioni ivi dichiarate permangano per la durata del medesimo periodo.
Per inciso, sia la risoluzione 126/E del 1999, sia le Faq consentono che l’attestazione di residenza fiscale rilasciata dall’autorità estera sia esibita separatamente dal modello contenente la richiesta di esenzione o sgravio e l’autocertificazione della sussistenza di eventuali altri requisiti. Le Faq confermano che l’attestazione delle autorità estere può essere rilasciata anche con procedure elettroniche e che il modello rilasciato dall’Autorità fiscale estera deve attestare la residenza del beneficiario ai sensi della convenzione «nel periodo d’imposta ovvero alla data di rilascio dell’attestato».
La circostanza che l’esonero sia concesso «previa presentazione» della documentazione e che la certificazione di residenza abbia validità «dalla data del rilascio», induce i sostituti d’imposta a non applicare la convenzione – anche quando sono certi che la controparte abbia diritto alla convenzione – se non sono in possesso, prima di erogare il reddito, di tutta la documentazione necessaria. La prudenza è suggerita anche dal fatto che in molti hanno sperimentato approcci molto rigidi dei verificatori.
Il caso sottoposto alla Corte di giustizia, riguarda la ritenuta sui canoni di noleggio di mezzi di trasporto applicata in Bulgaria. L’Avvocato generale ritiene che la pretesa dello Stato estero di sanzionare il sostituto d’imposta per aver ottenuto la documentazione in ritardo rispetto al momento in cui ha unilateralmente concesso l’esenzioni o gli sgravi previsti dalle convenzioni stipulate dalla Bulgaria sia in contrasto con la «libertà di circolazione dei servizi» (nel caso, servizi di trasporto). Ma l’Avvocato generale precisa che, a secondo delle circostanze, questo comportamento dello Stato membro potrebbe anche violare il principio di libertà di stabilimento e quello di libera circolazione dei capitali.
Se la tesi sarà confermata dalla Corte, l’Agenzia avrà l’occasione di rendere chiaro che la preventività dell’esibizione della documentazione non è indispensabile. Potrebbe anche essere una buona occasione per riconsiderare la prassi sui casi in cui il diritto all’esonero è subordinato al concretizzarsi di determinate condizioni non ancora esistenti alla data di corresponsione del reddito. È un fenomeno che può accadere quando la società “figlia” distribuisca un dividendo alla “madre” residente nell’Unione europea, prima che la beneficiaria abbia maturato il requisito della detenzione diretta di una partecipazione non inferiore al 10% nel capitale della “figlia” per almeno un anno, ininterrottamente.
La circolare 60/E del 2001, risposta 5 (confermata dalla risoluzione 109/E del 2005) precisa che l’esenzione prevista dall’articolo 27-bis del Dpr. 600 non può essere applicata direttamente dal sostituto d’imposta italiano prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto, fermo restando il diritto della società non residente di chiedere poi il rimborso della ritenuta subita in eccesso al Centro Operativo di Pescara, una volta concretizzato il requisito.
Era parso che – per risparmiare alla società estera la lunga e onerosa procedura il rimborso – si potesse consentire al sostituto d’imposta italiano di restituire al socio la ritenuta a suo tempo operata (divenuta indebita) e di recuperarla mediante compensazione nel modello F24, a norma del Dlgs 445 del 1997. Si tratta, infatti, in senso lato, di un caso di ritenute operate e versate in misura superiore al dovuto (sul punto, si veda risoluzione 57/E del 2000). La circolare 60/E ha però escluso la possibilità di compensazione. Rivedendo la materia nell’ottica del parere dell’Avvocato generale, vi sarebbero però spazi per un ripensamento.