Contabilità

È dubbio lo schema: recesso con cessione

di Luca Miele

Nei gruppi familiari si manifesta spesso l’esigenza di liquidare uno o più membri della famiglia monetizzando il loro investimento. Questi riassetti comportano l’uscita di alcuni soci e l’incremento della misura della partecipazione degli altri e, talvolta, anche l’ingresso di nuovi soci. La riorganizzazione avviene tramite più atti negoziali e può essere realizzata con modalità differenti. Ad esempio, si procede alla cessione delle partecipazioni detenute dai soci persone fisiche a una società di nuova costituzione, partecipata solo da alcuni dei cedenti.

Alla rivalutazione del costo della partecipazione di una società X segue la cessione delle quote della X a una newco partecipata solo da alcuni cedenti. Quest’ultima paga il prezzo di acquisto della partecipazione in X del socio uscente utilizzando un finanziamento-ponte che viene sostituito da un finanziamento assistito da garanzie reali su beni della X, che viene incorporata e la cui operatività consente, poi, di rimborsare il debito.

Si tratta di operazioni che, di fatto, realizzano il recesso del socio ma che vengono attuate mediante una cessione della partecipazione che dà luogo a capital gain, anziché a reddito di capitale, fruendo quindi dell’imposizione sostitutiva che incrementa il costo fiscale della partecipazione.

Operazioni così strutturate sono talvolta contestate dagli organi competenti e anche la giurisprudenza di merito non ha un orientamento univoco. Recentemente, in merito a un’operazione di family buy out, si è pronunciata la Ctp di Bergamo (sentenza 576/1/2017), analizzando il caso di un contribuente che aveva rivalutato le quote di partecipazione detenute in una Snc, cedendole successivamente al fratello e ai due figli di quest’ultimo, trattenendo come corrispettivo l’1% della quota ceduta. Il fratello del contribuente ed i suoi due figli cedevano poi, previa rivalutazione, la loro partecipazione nella Snc ad una Srl che pagava il prezzo di acquisto delle quote mediante accensione di un mutuo ed incorporava per fusione la Snc, iscrivendo un disavanzo di fusione.

L’operazione presentava criticità, perché il socio di maggioranza e amministratore unico della Srl era anche socio della incorporata e, di fatto, si assisteva alla sottrazione di dividendi a tassazione. L’ufficio finanziario ha riqualificato l’operazione, per il socio cedente, come recesso tipico, ha contestato il vantaggio fiscale che risulterebbe indebito, ha affermato trattarsi di cessione a se stesso e, quindi, di operazione circolare.

La Commissione ha, invece, stabilito che l’operazione non è elusiva, in quanto non è priva di sostanza economica. La cessione delle quote e successiva fusione per incorporazione non configurerebbero un comportamento abusivo, sia perché la Srl (acquirente) è società di capitali con personalità giuridica autonoma e distinta dai soci e non può identificarsi con il titolare della quota maggioritaria e amministratore unico, sia perché l’ indebitamento dell’ acquirente tramite mutuo non sarebbe privo di ragione, avendo acquisito il patrimonio economico dell’ incorporata Snc. Le operazioni in esame, però, continuano a presentare criticità.

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