Controlli e liti

Fatture false senza ravvedimento

di Antonio Iorio

Niente ravvedimento per regolarizzare la registrazione di fatture false. L’importante chiarimento arriva dalle Entrate e dalla Gdf in risposta a un quesito proposto in occasione di Telefisco 2018. La circolare 10 luglio 1998 n. 180 precisava che il ravvedimento operoso non era possibile per regolarizzare infedeltà dichiarative riconducibili a condotte fraudolente, quali l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

L’interpretazione derivava dal tenore testuale della norma (articolo 13 del Dlgs 472/1997), secondo la quale sono possibili le regolarizzazioni di «errori e di omissioni». L’Amministrazione aveva escluso, quindi, che la registrazione di fatture per operazioni inesistenti potesse essere frutto di «errore o omissione». Tuttavia, con le novità introdotte nel sistema sanzionatorio penale, tale interpretazione sembrava superata.

Il nuovo articolo 13 bis del Dlgs 74/2000 prevede che le pene previste per tutti i reati tributari sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, vengono estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie. Il comma successivo prevede che è possibile accedere al patteggiamento «solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso».

Il secondo comma, pertanto, prevede che il pagamento del debito tributario necessario per accedere al patteggiamento sia possibile anche attraverso il ravvedimento operoso. Norma applicabile per tutti i reati tributari, con la conseguenza che poteva ritenersi verosimile l’utilizzo del ravvedimento anche per regolarizzare la registrazione di fatture false.

A specifica domanda, la Gdf ha confermato nel corso di Telefisco la pregressa interpretazione. Richiamando la circolare 180/E/1998, è stato precisato che il ravvedimento va escluso alle ipotesi di frode a mezzo di fatture per operazioni inesistenti e alle altre fattispecie fraudolente penal-tributarie. Un’esclusione giustificata dall’intrinseca antigiuridicità che caratterizza queste violazioni. In conclusione, è stato escluso il ravvedimento perché utile solo per regolarizzare « errori e omissioni che non derivano da un comportamento doloso».

Analoga la conclusione delle Entrate. Tuttavia, l’agenzia ha precisato che il pagamento integrale degli importi dovuti per estinguere i debiti tributari, necessario per accedere al patteggiamento, è possibile utilizzando le «speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie». La posizione dell’amministrazione finanziaria mal si concilia con la norma penale. Innanzitutto, l’Agenzia pare trascurare che il comma 2 dell’articolo 13-bis fa riferimento al ravvedimento, con la conseguenza che tale interpretazione sarebbe contraria alla norma. Quanto all’esclusione del ravvedimento per la natura dolosa del comportamento, come sostenuto dalla Gdf, va segnalato che tutti i reati, in quanto tali, sono connotati dal dolo. In assenza di dolo non può esistere reato. Ne consegue che se fosse questa l’interpretazione corretta, occorrerebbe escludere il ravvedimento per qualunque reato, ma ciò contrasterebbe con l’intento del legislatore di consentire adeguamenti spontanei da parte dei contribuenti.

Guardia di finanza - Risposte Telefisco2018

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