Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: costi da reato, Iva indetraibile, deduzione interessi

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di Luca Benigni, Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Deducibilità per i costi da reato sostenuti a fronte di fatture soggettivamente inesistenti anche se l’acquirente è consapevole della frode. Iva indetraibile per l’impresa turistica che acquistato la nuda proprietà di un immobile. Nessuna deduzione per interessi e commissioni una volta erogato il credito in caso di presentazione alla banca di fatture false. Per la bancarotta fraudolenta la misura restrittiva della libertà personale soltanto con prova dell’inclinazione a delinquere e del perdurante collegamento con l’ambiente sociale. Gli apporti dell’amministratore accusato di bancarotta per distrazione effettuati a titolo di futuro aumento di capitale non sono una restituzione. Sono i temi della rassegna delle massime relative alle principali pronunce in materia tributaria della Cassazione depositate nella settimana dal 27 al 29 dicembre 2017.

ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO

Costi da reato deducibili anche con la consapevolezza della frode
La sentenza di assoluzione prodotta nel giudizio tributario consente al giudice di sancire la deducibilità dei costi sostenuti a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti anche nel caso in cui l’acquirente sia consapevole del loro carattere fraudolento. Questo in quanto, in base alla riformulazione dell’articolo 14, comma 4-bis della legge 537/1993 introdotta dall’articolo 8, comma 1, del Dl 16/2012, sono indeducibili soltanto i costi che non rispettano i requisiti di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità e quelli relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo.
Cassazione, sentenza 30564/2017

Iva indetraibile sull’acquisto della nuda proprietà dell’immobile
L’acquisto della nuda proprietà di un immobile commerciale da parte dell’impresa che esercita attività turistica non permette la detrazione dell’Iva e/o il suo rimborso perché manca la possibilità giuridica di destinare il bene in funzione degli scopi dell’impresa oggetto di esercizio.
Cassazione, sentenza 30807/2017

No alla deduzione degli interessi se le fatture presentate in banca sono false
Nel caso di presentazione alla banca di fatture false per ottenere l’erogazione di un maggior credito bancario, ancorché i costi per interessi e commissioni sostenuti per il suo successivo utilizzo non possano ritenersi direttamente connessi con l’attività delittuosa posta in essere, sono ugualmente indeducibili in base alla riformulazione dell’articolo 14, comma 4-bis della legge 537/1993 introdotta dall’articolo 8, comma 1, del Dl 16/2012. Ancorché i costi per interessi e commissioni intervengano a fattispecie delittuosa già compiutamente realizzata tramite la presentazione delle fatture, è anche vero che la presentazione delle fatture false non avrebbe sortito l’effetto voluto se ad essa non si fosse associata l’assunzione, da parte del correntista che l’ha commessa, dell’obbligo di pagare gli interessi e le commissioni per l’utilizzo del credito.
Cassazione, ordinanza 31059/2017

SOCIETÀ E BILANCI

Bancarotta fraudolenta, misure restrittive solo con elementi «forti»
Anche se l’esercizio di impresa all’estero può rendere probabile che l’indagato per il reato di bancarotta fraudolenta in Italia può avere occasione di reiterare il reato, ai fini della concessione della misura cautelare restrittiva della libertà personale devono sussistere congiuntamente prove di atteggiamenti sintomatici proclivi al delitto e perduranti collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato. Infatti, per ritenere attuale il pericolo di reiterazione del reato non basta ipotizzare che la persona sottoposta alle indagini, presentandosi l’occasione, sicuramente continuerà a commettere il reato ma è anche necessario ipotizzare la connessa probabilità che il delitto si verificherà nuovamente.
Cassazione, sentenza 57582/2017

Gli apporti dell’amministratore non configurano una restituzione
Non hanno alcuna valenza in termini restitutori i versamenti effettuati nel periodo sospetto dall’amministratore della società poi fallita accusato di bancarotta per distrazione effettuati a titolo di finanziamento in conto futuro aumento di capitale. Questo in quanto, al fine di sottrarsi dall’accusa di bancarotta per distrazione, l’amministratore che ha in precedenza prelevato indebitamente somme a vario titolo dalle casse della società poi fallita, deve provare unicamente di avere provveduto al loro reintegro attraverso il (ri)versamento.
Cassazione, sentenza 57759/2017

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