Governance efficiente con la «russian roulette clause»
Una clausola per evitare lo stallo in consiglio e in assemblea. È legittima la «russian roulette clause» contenuta in un patto parasociale o nello statuto di una società con la quale si intende risolvere situazioni di stallo decisionale (cosiddetto deadlock) derivanti dall’inattività degli organi sociali a causa del possesso paritetico e contrapposto di partecipazioni e che, nei casi più gravi, possono portare anche allo scioglimento e messa in liquidazione della società.
Detta clausola, di contenuto atipico, rappresenta espressione del principio di tutela di interessi meritevoli posto nell’articolo 1322, comma secondo, del codice civile, siccome frutto della volontà di programmare la possibilità di risolvere situazioni di crisi che si possono eventualmente presentare durante la vita di una società.
Con la previsione della clausola in esame si intende dunque assicurare un’efficiente governance attraverso la collocazione delle partecipazioni all’interno della compagine della società, rimettendo a una delle parti il potere di fissare il prezzo di vendita delle stesse e all’altra la facoltà di scegliere se vendere le proprie partecipazioni o acquistare quelle dell’altro socio.
Il Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di imprese, si è occupato dell’argomento nella sentenza del 19 ottobre 2017, offrendo l’occasione per approfondire un tema che potrebbe interessare un gran numero di società.
Più precisamente, in virtù del meccanismo insito nella clausola, qualora si creino situazioni di conflitto che non trovano altre soluzioni (cosiddetti trigger events), al preciso fine di risolvere la controversia che ha determinato la paralisi decisionale, la possibilità di attivare la «russian roulette clause» attribuisce a un socio il potere di rivolgere all’altro socio una proposta irrevocabile alternativa (ai sensi dell’articolo 1285 del codice civile) per:
•acquistare le partecipazioni dell’altro;
•o vendere le proprie.
Nell’offerta di acquisto viene comunicato il valore delle partecipazioni, da cui si ricava anche la misura del prezzo da corrispondere in ipotesi di acquisto delle stesse.
Colui che riceve l’offerta, poi, può decidere di aderire a essa, vendendo le proprie azioni per il prezzo comunicato dalla controparte (che lo ha determinato senza necessità di attenersi a precisi criteri di valutazione delle azioni), oppure può decidere di acquistare le azioni dell’altro socio, sempre considerando come prezzo quello fissato dalla controparte.
Si è osservato che colui che fissa il valore assume il rischio di dover cedere le proprie partecipazioni per quel prezzo, qualora la controparte (l’oblato) decida di acquistarle, cosicché tale meccanismo sarebbe idoneo ad assicurare l’equilibrio negoziale della contrattazione, a prescindere dunque dal criterio adottato per determinare il valore degli strumenti finanziari.
Ciò non toglie che l’operazione si potrebbe rivelare più o meno vantaggiosa perché il socio, che si trova ad acquistare potrebbe approfittare di un prezzo favorevole, beneficiando di una sottovalutazione degli strumenti finanziari. E colui che, invece, si trova a cedere le proprie partecipazioni, potrebbe conseguire un significativo guadagno, approfittando di una sopravvalutazione delle partecipazioni medesime.
Per approfondire: Legittima la «russian roulette clause» per uscire dallo stallo decisionale, in Norme & Tributi Mese 7-8 .