Ibridi di patrimonializzazione, l’Irap cerca la disapplicazione «contabile»
La remunerazione degli ibridi di patrimonializzazione «AT1» è qualificata ai fini fiscali come interesse passivo nella misura in cui non è totalmente ancorata al risultato della società emittente. Il chiarimento che emerge dalla risoluzione 30/E/2019 ( si veda Il Quotidiano del Fisco del 27 febbraio ), in effetti, era già desumibile dalla disciplina fiscale degli strumenti ibridi (articolo 2, comma 22, Dl 138/2011, peraltro riportata dalla citata risoluzione), la quale nel 2012 è stata oggetto di commento da parte della stessa amministrazione finanziaria (paragrafo 6.5 della circolare 11/E/2012). Un elemento di novità può essere comunque rappresentato dall’applicabilità di tale regime anche agli strumenti ibridi con caratteristiche simili a quelle degli «AT1» emessi da soggetti diversi dagli intermediari finanziari.
Manca ancora, invece, un chiarimento ufficiale in merito al regime Irap applicabile a tali remunerazioni. In altre parole, gli operatori attendevano una presa di posizione ufficiale sulla circostanza che l’articolo 5 del secondo decreto Ias (cioè la disapplicazione della qualificazione contabile attribuita agli strumenti ibridi di patrimonializzazione) valga anche ai fini del tributo regionale sulle attività produttive.
Nel frattempo, per il riconoscimento anche ai fini Irap delle remunerazioni corrisposte sugli strumenti «AT1» si potrebbe considerare quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, secondo periodo, del secondo decreto Ias, modificato dal Dm 3 agosto 2017 Oic/Ifrs. In particolare, per effetto della suddetta modifica, è stato previsto che per i componenti di reddito imputati a patrimonio netto o al prospetto «Oci» per i quali non è prevista il successivo riversamento (il cosiddetto «rigiro») a conto economico la rilevanza Irap è stabilita dalle disposizioni applicabili ai componenti imputati al conto economico «aventi la medesima natura di quelli imputati a patrimonio o al prospetto Oci».
Al riguardo, si ricorda che, ai fini contabili, lo strumento «AT1» è classificato dal soggetto emittente tra le componenti del patrimonio, e la relativa remunerazione non è imputata a conto economico bensì, all’atto del pagamento, a decremento delle riserve patrimoniali; l’ente creditizio che, invece, ha sottoscritto tali strumenti contabilizza la relativa remunerazione alla voce 70 del conto economico.
Ciò detto, per effetto del nuovo articolo 2 del secondo decreto Ias, e tenendo conto delle caratteristiche degli strumenti «AT1», i componenti imputati al conto economico con «la medesima natura» della remunerazione degli strumenti «AT1» dovrebbero essere le remunerazioni maturate su uno strumento di debito, le quali per gli intermediari finanziari assumono rilevanza ai fini Irap in base all’articolo 6 del Dlgs 446/1997.
Infatti, la “natura” dei componenti di reddito dei quali deve essere stabilita l’analogia con la remunerazione degli strumenti ibridi di capitale dovrebbe essere intesa nella propria accezione giuridica, indipendentemente dalla qualificazione contabile attribuita allo strumento finanziario; ciò è vero nella misura in cui la remunerazione prevista dagli strumenti ibridi, come anche chiarito dalla risoluzione 30/E/2019, non rappresenta una quota di partecipazione agli utili.
Inoltre, la natura giuridica di debito sotteso allo strumento di capitale «AT1» dovrebbe indirettamente essere confermata, anche a livello sistematico, dalle disposizioni attuative emanate ai fini dell’(abrogata) Ace, le quali identificano le variazioni rilevanti di patrimonio tenendo in base al profilo giuridico (e non contabile) dell’operazione. L’irrilevanza Ace degli «apporti contabili» sottesi agli strumenti ibridi, dunque, dovrebbe confermarne la natura di strumento di debito e quella di interesse della relativa remunerazione non ancorata ai risultati economici del soggetto emittente.
Infine, ulteriori profili sistematici potrebbero sostenere la qualificazione ai fini Irap delle remunerazioni sugli strumenti «AT1» come interessi passivi. Infatti, la banca che sottoscrive uno strumento ibrido «AT1» con remunerazione non ancorata ai risultati dell’emittente contabilizza tale remunerazione alla voce 10 (interessi attivi e proventi assimilati) ovvero alla voce 70 (dividendi e proventi simili) del conto economico. Tuttavia, poiché il regime di esclusione al cinquanta per cento previsto dal citato articolo 6 si applica soltanto sui dividendi (sulle remunerazioni, cioè, riconosciute proporzionalmente alle quote di partecipazioni societarie detenute), anche se classificata alla voce 70 la remunerazione in questione concorrerà (come interesse attivo) alla base imponibile Irap. Conseguentemente, anche il soggetto emittente dovrebbe, simmetricamente, far concorrere (come interesse passivo) il medesimo componente di reddito alla base imponibile Irap.