Controlli e liti

Il calendario del rientro / Sanatoria liti, ecco quando conviene lo sprint

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di Luigi Lovecchio

La definizione delle liti pendenti (disposta dall’articolo 11, della manovra di primavera, il decreto legge 50/2017) rappresenta senz’altro una delle priorità dell’agenda professionale al rientro dalle ferie. Ciò, in primo luogo, per l’imminente scadenza, fissata al 2 ottobre prossimo, ma non va sottovalutato l’impatto che potrebbero avere gli sviluppi delle vicende processuali degli ultimi mesi ai fini della decisione sull’adesione alla sanatoria.

L’identikit

La norma consente di chiudere tutte le controversie contro l’agenzia delle Entrate, in qualunque stato e grado del giudizio, per le quali il ricorso sia stato notificato alla data del 24 aprile scorso. Il beneficio della sanatoria consiste nell’azzeramento delle sanzioni e degli interessi maturati successivamente al sessantesimo giorno dalla notifica dell’atto. Il perfezionamento della definizione avviene con il pagamento delle somme dovute e la presentazione dell’istanza - come ricordato più sopra - entro il prossimo 2 ottobre. Per somme superiori ai 2mila euro, è possibile rateizzare il versamento, pagando il 40% entro il 2 ottobre, un ulteriore 40% entro la fine di novembre e il residuo 20% entro giugno 2018. In questo caso, ai fini della chiusura è sufficiente il pagamento della prima rata.

L’istanza deve essere trasmessa solo in via telematica e può anche essere consegnata agli uffici dell’agenzia delle Entrate che ne rilasciano ricevuta. È infine possibile versare quanto dovuto ricorrendo alla compensazione con eventuali crediti d’imposta e utilizzando il modello F24.

A chi può interessare

In linea di principio, non vi è dubbio che si tratta di una sanatoria con poco appeal, quantomeno per un duplice ordine di motivi. Da un lato, il costo elevato che non tiene conto in alcun modo delle sentenze intervenute medio tempore. Dall’altro, il ristrettissimo arco temporale per assolvere, se si considera che l’80% dell’importo complessivo deve essere pagato entro fine anno.

In presenza di tali limitazioni, è evidente che sono potenzialmente interessati solo i soggetti che hanno già avuto o temono di ricevere sentenze negative. E dunque diventa importante verificare se nel mese di luglio (in agosto l’attività processuale è sostanzialmente ferma) o nei primi giorni di settembre vengono depositate sentenze di Commissione di primo o di secondo grado. Se infatti non ci si è avvalsi della facoltà di chiedere la sospensione dei procedimenti sino al 10 ottobre prossimo o, semplicemente, se l’udienza di trattazione si era già tenuta prima del 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del decreto legge 50) la lite “va a sentenza”.

D’altro canto, conoscere l’orientamento dei giudici è senz’altro di utilità ai fini dell’adesione alla definizione. Ed invero, se la decisione è favorevole al contribuente la convenienza si riduce, mentre accade ovviamente il contrario nel caso opposto.

Perché accelerare

Vi sono poi almeno due ordini di accadimenti che potrebbero indurre ad accelerare l’iter di perfezionamento della definizione. Uno di questi è senz’altro costituito dalla pendenza del giudizio presso la Corte di Cassazione. Anche in questo caso, se l’udienza di trattazione non si era ancora tenuta prima del 24 aprile scorso, il soggetto passivo avrebbe potuto chiedere la sospensione del procedimento. Se invece l’udienza si era già tenuta a tale data e si è ancora in attesa del deposito della sentenza, vale ricordare che se ciò avviene prima della presentazione dell’istanza di definizione, quest’ultima diventa inammissibile.

Ne consegue che, se si hanno motivi di ritenere che il responso della Suprema Corte sarà negativo, diventa indispensabile affrettare i tempi di adesione. Solo così si potranno infatti neutralizzare gli effetti della pronuncia.

Inoltre, in presenza di sentenze negative, depositate ad esempio l’anno scorso o nei primi mesi del 2017, occorre ricordare che la disciplina di legge non prevede alcuna sospensione degli atti esecutivi. Ne deriva che in presenza di una cartella di pagamento o di un preavviso di fermo amministrativo, magari notificati negli ultimi mesi, bisogna porsi il problema di come scongiurare gli atti esecutivi. Vale infatti ricordare che la definizione non contempla la restituzione di quanto pagato in più rispetto al costo della stessa. Una possibilità potrebbe consistere nel completare quanto prima l’accesso alla sanatoria e quindi chiedere all’agenzia delle Entrate la sospensione della riscossione in via amministrativa.

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