Contabilità

Il cda può «parlare» con i soci di controllo

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di Andrea Zoppini

Sempre più frequentemente i cda delle società quotatesi interrogano se sia legittimo che gli amministratori intrattengano rapporti privilegiati e selettivi con il socio di controllo. Il dubbio nasce dal fatto che lo scambio di informazioni tra gli amministratori e i soci, di maggioranza o di minoranza, non trova espressa disciplina nelle norme di legge, né nelle disposizioni regolamentari. Esso, inoltre, sembrerebbe apparentemente violare il principio di eguaglianza e di parità di trattamento tra gli azionisti.

In realtà, fermo restando il rispetto delle norme sulla market abuse regulation (Mar), il dialogo con il socio di controllo è un fatto fisiologico e opportuno. Inoltre, in termini economici ha un effetto di stabilizzazione del titolo. Parimenti, gli indici normativi rinvenibili, seppure non espliciti, sono tutti in senso favorevole. Un primo indice rivelatore può desumersi dal Codice di autodisciplina delle società quotate, secondo il quale l’amministratore è tenuto a deliberare in autonomia «anche quando le scelte gestionali siano state preventivamente vagliate, indirizzate o comunque influenzate, nei limiti e nel rispetto delle norme di legge applicabili, da chi esercita attività di direzione e coordinamento o dai soggetti che partecipano a un patto di sindacato».

Ancor più incisive sono le indicazioni dettate dallo Stewardship Code inglese elaborato dal Financial Reporting Council, il quale si esprime a favore del “coinvolgimento” dei soci in materie quali «strategy, performance, risk, capitalstructure, and corporate governance, including culture and remuneration», al fine di incentivare il dialogo e la conoscenza preventiva degli orientamenti di voto.

Un’ulteriore indicazione dell’ammissibilità di colloqui riservati e informali tra gli amministratori e i soci può trarsi dalla legislazione Usa e, segnatamente, dalla Ride 100 della Regulation Fair Disclosure, ai sensi della quale la comunicazione selettiva è ammissibile se non è utilizzata dal socio per compiere operazioni vietate sui titoli.

La mancata regolazione della materia e le incertezze interpretative alle quali essa dà luogo non impedisce, dunque, di affermare che l’esistenza di un dialogo tra gli amministratori e il socio di maggioranza è usuale e costituisce la “naturale” conseguenza della presenza di uno o più soci “di riferimento” all’interno della compagine sociale. Infatti, la posizione dei piccoli azionisti è necessariamente non equiparabile a quella dei soci di maggioranza. Peraltro, il “dialogo” tra amministratori e alcuni degli azionisti non necessariamente ha ad oggetto informazioni privilegiate, per le quali oggi è prevista una specifica disciplina dal Mar, anche con riguardo ai sondaggi di mercato. Deve considerarsi, pertanto,ammissibile la selective disclosure di informazioni a favore di uno o più soci, ad esempio, in merito a operazioni che coinvolgano il consenso del socio di controllo, quale tipicamente un aumento di capitale ovvero una fusione o una scissione. In queste materie, a mio parere, sussiste un vero e proprio obbligo giuridico di consultare il socio di controllo o comunque i principali soci stabili.

Un risolutivo argomento testuale è desumibile dallo schema di «Relazione illustrativa dell’organo amministrativo per l’assemblea straordinaria chiamata a deliberare operazioni di modifica del capitale sociale e/o di emissione di obbligazioni» contenuto nell’allegato 3A del regolamento Consob 11971 sulla disciplina degli emittenti. In esso è previsto che la relazione indichi, tra l’altro, «gli azionisti che hanno manifestato la disponibilità a sottoscrivere, in proporzione alla quota posseduta, le azioni e/o le obbligazioni convertibili di nuova emissione, nonché gli eventuali diritti di opzione non esercitati». La previsione ammette, dunque, che in caso di aumento di capitale gli amministratori possono e, a mio parere, debbono avere colloqui con il socio di maggioranza, nella fase preassembleare, per conoscere la loro disponibilità a sottoscrivere le azioni o le obbligazioni convertibili di nuova emissione.

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