Il criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve risultare logico e coerente
La scelta della differente determinazione delle percentuale di carico applicata sui generi venduti mediante la “media aritmetica semplice” (comparazione tra prezzi di acquisito e di vendita di alcuni generi merceologici) ovvero attraverso la “media aritmetica ponderata” (comparazione tra prezzi di acquisto e vendita relativi a gruppi merceologici omogenei concernenti i beni commercializzati dalla impresa) non costituisce oggetto di specifica previsione legislativa, rimanendo pertanto escluso che la selezione di una piuttosto che dell'altra possa integrare una violazione di norme di diritto. La scelta da parte dell’Amministrazione finanziaria del criterio di determinazione della percentuale di ricarico deve, tuttavia, rispondere a canoni di coerenza logica e congruità che devono essere esplicitati attraverso un adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio della “media aritmetica semplice” in luogo della “media ponderale” qualora risulti l’omogeneità della merce.
A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione con le ordinanze 31600/2019 e 31601/2019.
Frequentemente l’Ufficio procede alla determinazione dei ricavi presunti adottando le percentuali di ricarico che trovano il loro fondamento normativo nell’articolo 62-sexies del Dl 331/1993 e che rappresenta, nel dettaglio, la maggiorazione che l’impresa applica al prezzo di acquisto al fine di determinare il prezzo di vendita.
Appare evidente, pertanto, come tale tipologia di accertamento si riveli farraginosa qualora effettuata nei confronti di imprese che commercializzano prodotti merceologicamente diversi, o nei confronti di imprese che operano con caratteri di stagionalità e affrontano periodi di vendite a prezzi ribassati (saldi) mentre, in alcuni casi, la percentuale viene fissata prendendo quale punto di riferimento le medie di settore, oppure quelle utilizzate dal contribuente medesimo per annualità antecedenti o successive a quello accertato.
Una siffatta metodologia accertativa, se non corroborata da adeguate avvedutezze, risulta essere potenzialmente in grado di concludersi in una rettifica non idonea a rappresentare l’effettiva capacità contributiva del soggetto attenzionato.
Mediante la sentenza n. 4312/2015 il Collegio di Legittimità, relativamente a tale modalità accertativa, ha affermato il principio di diritto a cui dovrà attenersi il giudice di merito, rappresentato dalla circostanza che la quantificazione induttiva dei ricavi «deve avvenire adottando un criterio che sia coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame, applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato e fondato su una media aritmetica o ponderata, scelta in base alla composizione del campione dei beni».
In presenza di merci differenziate non è possibile analizzare solo alcuni prodotti commercializzati per applicare in seguito il ricarico presunto su beni che, dal punto di vista merceologico, hanno caratteristiche differenti mentre il confronto tra il prezzo di acquisto e quello di vendita non deve essere eseguito su un inventario generale delle merci in quanto, per supporre ricavi non dichiarati, le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti e pertanto, anche nell’ambito dell’accertamento induttivo extracontabile, non è possibile giungere a conclusioni differenti. In quest’ultima circostanza è sufficiente la sussistenza di presunzioni semplicissime carenti del requisito della gravità, della precisione e della concordanza, ma la determinazione del reddito non può mai prescindere dalla capacità contributiva, per cui sarà sempre necessaria una giustificazione in merito alle motivazioni e alle modalità di utilizzo di una specifica percentuale di ricarico.
Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 31600 del 4 dicembre 2019
Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 31601 del 4 dicembre 2019