Il Fisco deve provare di aver inviato più atti con una sola busta
Se l'amministrazione finanziaria notifica più atti in un'unica busta, in caso di contestazione da parte del contribuente deve provare il contenuto multiplo: si tratta di una prova di carattere presuntivo che va valutata dal giudice con altri elementi a sostegno. A fornire questa precisazione è la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 15261 depositata ieri.
Una contribuente impugnava un avviso di iscrizione ipotecaria eccependo, tra i diversi motivi, anche un vizio di notifica delle relative cartelle. Nel provvedimento cautelare, infatti, risultavano plurimi atti impositivi notificati, ma solo uno effettivamente ricevuto. L'agente della riscossione si difendeva sul punto evidenziando che con un'unica raccomandata erano state spedite più cartelle di pagamento.
Il giudice di merito, in seguito ad un rinvio della Suprema Corte, confermava la validità della notifica. I giudici di legittimità avevano rilevato che nell'ipotesi in cui l'involucro della raccomandata contenesse plurime comunicazioni e il destinatario ne riconoscesse solo una, era necessario, perché operasse la presunzione di conoscenza, che il mittente fornisse prova del contenuto.
È noto, infatti, che ad ogni atto da comunicare corrisponda una singola spedizione con la conseguenza che è necessario provare la presenza di più documenti all'interno di un'unica busta. Una delle prove utili a tal fine è la dimostrazione della connessione tra gli atti. La Suprema corte, pertanto, rinviava la decisione alla Ctr affinché verificasse che fosse debitamente stato assolto l'onere probatorio. Il collegio d’appello confermava la legittimità della notifica con una motivazione ritenuta dalla contribuente apodittica, illogica ed insufficiente. L'interessata, quindi, ricorreva ancora in Cassazione.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che sull'avviso di ricevimento erano indicati i numeri delle cartelle contenute nella busta. Tuttavia, già in sede di primo rinvio alla Ctr, era stato precisato che tali indicazioni non godono di fede privilegiata, atteso che la compilazione non è riconducibile all'agente postale, ma agli interessati.
Perciò i dati sull'avviso di ricevimento non possono considerarsi il “fatto noto” da cui presumere quello ignoto, poiché vanno valutati dal giudice sul piano presuntivo. L'agente della riscossione, per assolvere al proprio onere probatorio, doveva dimostrare l'esistenza di elementi oggettivi a conferma delle risultanze dell'avviso di ricevimento rispetto alla molteplicità degli atti, e quindi la presenza di più provvedimenti nella medesima busta.