Inapplicabili le regole sui contratti pendenti
Nella sentenza del 19 giugno scorso il tribunale di Venezia ha preso in esame anche gli effetti del fallimento e del concordato preventivo sui contratti in corso di esecuzione (articoli 72 e 169 bis della legge fallimentare) in riferimento al contratto di consorzio.
Il tribunale ha affermato che le due norme hanno un ambito di applicazione sovrapponibile poiché disciplinano entrambe la sorte dei contratti a prestazioni corrispettive in cui le prestazioni siano rimaste ineseguite o non siano state compitamente eseguite da entrambe le parti.
Non riguardano quindi i contratti di consorzio, che non sono contratti a prestazioni corrispettive ma contratti a comunione di scopo, al pari del contratto di società, il cui obiettivo è l’esercizio in comune di un’attività economica per dividerne gli utili. Gli articoli 72 e 169 bis non possono essere invocati dalla difesa del consorziato per sostenere l’invalidità dell’esclusione automatica in ragione del fatto che avrebbe violato il principio della prosecuzione dei contratti nel fallimento e nel concordato preventivo.
Fin dall’introduzione dell’articolo 169 bis da parte del Dl 83/2012 (il testo è stato poi parzialmente modificato dal Dl 83/2015), la giurisprudenza si è espressa più volte (e con orientamento difforme) sul rapporto fra l’articolo 72 che disciplina i contratti in corso di esecuzione in caso di fallimento e il 169 bis che li regolamenta nell’ambito del concordato preventivo. Le questioni sono due: la prima riguarda la sovrapponibilità dell’ambito di applicazione dei due articoli, se cioè riguardano o meno la stessa tipologia di contratti. A fornire una risposta positiva (oltre al tribunale di Venezia) è stato ad esempio il tribunale di Massa secondo il quale l’articolo 169 bis, dopo le modifiche effettuate dal Dl 83/2015 replica una terminologia sostanzialmente omologa a quella del 72, e quindi i contratti pendenti nel concordato sono equiparabili ai contratti pendenti nel fallimento.
Altri tribunali hanno invece ritenuto che l’articolo 169 bis avesse una portata più ampia del 72: secondo il tribunale di Perugia(sentenza 18 luglio 2018), il fatto che l’articolo 169 non richiami il 72 impedisce di usare in via di interpretazione sistematica la seconda disposizione per limitare l’area dei contratti oggetti della prima.
La seconda questione tocca la possibilità di applicare analogicamente al concordato preventivo quanto previsto dall’articolo 72, sesto comma, e cioè l’inefficacia di tutte le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione dei contratti pendenti dal fallimento. Anche su questo tema la giurisprudenza si è divisa. Il tribunale di Venezia sostiene che sussistono ragionevoli dubbi su questa estensione sia perché l’articolo 169 bis non contiene un espresso richiamo al comma 6 dell’articolo 72, sia perché il legislatore ha previsto una specifica disciplina sugli effetti del concordato preventivo nei contratti pendenti (quella del 169-bis) che si pone in rapporto di specialità rispetto alla disciplina dettata per il fallimento ed è quindi prevalente. In precedenza, il tribunale di Milano (sentenza 6 agosto 2015) aveva invece ritenuto il principio, desumibile dall’articolo 72, commi 5 e 6, applicabile anche al concordato preventivo, alla luce sia dell’identità di ratio tra le due procedure e della circostanza che l’articolo 169bis riconosce al solo debitore la facoltà di sospendere il contratto o di sciogliersi dal medesimo.