Imposte

Incentivi fiscali, più vantaggi alle imprese trasferite in Italia

di Gaetano De Vito

Lo schema di decreto legislativo sul recepimento della direttiva Ue antielusione (Atad 2016/1164/Ue), approvato dal consiglio dei ministri dell’8 agosto 2018, rende simmetriche le norme sulla exit tax rispetto alla cosiddetta entry tax (da ribattezzare entry tax credit) inerente agli incentivi sul trasferimento in Italia di società non residenti.

Il nuovo testo dell’articolo 166 bis, dello schema, dispone che i valori delle aziende trasferite in Italia sono riferiti a quelli di mercato, compreso il valore di avviamento, in sostituzione del “solo” valore normale delle attività e passività, escluso l’avviamento. Ne consegue che tali maggiori valori, incidendo sulla determinazione del reddito d’impresa degli esercizi successivi al trasferimento in Italia attraverso i futuri ammortamenti delle poste attive valutate a valore di mercato, rappresentano un vantaggio fiscale molto più consistente rispetto a quelli consentiti dalla attuale versione dell’articolo 166 bis. Il trasferimento in Italia, che non produce effetti “costitutivi” ma esclusivamente “traslativi” permette, di conseguenza, di acquisire il vantaggio fiscale attraverso le imposte differite attive calcolate sui risparmi futuri d’imposta conseguiti attraverso i futuri maggiori ammortamenti fiscali delle attività, compreso l’avviamento tenuto conto che non possono essere iscritti in bilancio.

Ma il nuovo testo dell’articolo 166 bis consente anche di effettuare trasferimenti in Italia di aziende attraverso operazioni straordinarie quali fusioni transfrontaliere per incorporazione della società estera in una società residente ovvero tramite scissione transfrontaliera con attribuzione delle attività e passività alla beneficiaria residente. Per queste ultime scelte, trattandosi di operazioni straordinarie, le normative di riferimento consentono anche di poter iscrivere in bilancio, secondo i principi contabili, i valori di mercato delle attività, compreso l’avviamento, derivanti dalle perizie che stabiliscono i disavanzi di fusione e scissione e i rapporti di concambio.

La questione legata a questo incentivo era da tempo oggetto di osservazione poiché, contrariamente alla volontà del legislatore, i vantaggi fiscali di attrazione in Italia di società residenti all’estero non erano finora simmetrici con il carico fiscale dei soggetti che invece trasferiscono la sede dell’impresa all’estero ai fini della exit tax.

Infatti a rendere incerta la possibilità di calcolare gli ammortamenti fiscali su valori speculari rispetto all’imponibile da exit tax ha finora contribuito non poco la risoluzione 69/2016 con la quale le Entrate da una parte hanno fornito un importante parere circa le modalità di attribuzione del valore fiscale dei beni appartenenti a soggetti che si trasferiscono nel territorio dello Stato italiano ma dall’altra hanno consentito di valorizzare ai fini del credito di imposta ritraibile dagli ammortamenti fiscali esclusivamente i beni che l’impresa ha acquisito sopportando un onere effettivo nel paese di provenienza.

È fin troppo chiaro a tal fine che questo parere dell’Agenzia non avrebbe consentito di calcolare in ammortamento fiscale né l’avviamento, qualora non pagato dalla società trasferita, né beni costruiti in economia all’interno dell’organizzazione aziendale.

Quanto invece alle operazioni di fusione transfrontaliera la risoluzione aveva invece già confermato la fattibilità circa l’acquisizione dei benefici da parte della società incorporante anche in sede di dichiarazione dei redditi.

È infine appena il caso di sottolineare come, rispetto alle operazioni di trasferimento già effettuate a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legislativo internazionalizzazione 147/2015, il nuovo articolo 166 bis vada inteso quale norma interpretativa e non innovativa al fine di poter esplicare i sui effetti fin dalla data del suo inserimento nell’ordinamento tributario. La questione va a tal fine trattata con riferimento all’articolo 13 dello Schema di decreto legislativo approvato che invece ne fa decorrere l’applicazione dal 1° gennaio 2019 per le società “solari”

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