Contabilità

L’affrancamento fa i conti con le regole sull’elusione

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di Dario Deotto

Entro oggi scade il termine per l’affrancamento del valore dei terreni e delle partecipazioni disposto dall’ultima legge di bilancio 2017. Si tratta, ormai, di un istituto (quello dell’affrancamento) che può definirsi “a regime”, vista la sua riproposizione di fatto annuale. La possibilità dell’affrancamento delle partecipazioni, in particolare, può generare alcune problematiche nella prospettiva dell’abuso del diritto/elusione.

Il cash out

Il tipico caso è il cosiddetto “cash out”, che si realizza quando i soci persone fisiche di una società di capitali, “gravida” di riserve di utili, rivalutano le quote della società per poi cederle a una holding posseduta dai medesimi soci senza subire ulteriori prelievi. A questo punto, la holding incassa i dividendi, detassati al 95%, per poi pagare il debito nei confronti dei soci sorto a seguito dell’acquisizione delle partecipazioni. In questa ipotesi il vantaggio è dato dal fatto che, in pratica, si incassano i dividendi con un prelievo (tra Ires sui dividendi e imposta sostitutiva per l’affrancamento) complessivamente inferiore a quello che si sarebbe avuto in caso di incasso diretto da parte dei soci.

Sulla vicenda, va fatta una premessa: l’affrancamento delle partecipazioni consente di “monetizzare” indirettamente anche gli utili presenti nel patrimonio della società. In sostanza, non si può certo sostenere che l’affrancamento delle partecipazioni risulti “elusivo” a seconda che nella società partecipata siano presenti o meno riserve di utili.

Il fatto è che nell’operazione sopra descritta viene certamente “tradita” la ratio della norma relativa all’affrancamento delle partecipazioni ma, soprattutto, l’operazione potrebbe essere ritenuta di “natura circolare”. Questo tipo di operazioni vengono ascritte all’abuso del diritto a livello comunitario, così come le stesse oggi devono ritenersi “non genuine” nell’ottica della nuova Direttiva 2016/1164 del 12 luglio 2016, sulle pratiche antielusive che incidono sul funzionamento del mercato interno.

Va rilevato che sussiste comunque qualche perplessità sull’annoveramento di un’operazione come “non genuina” nella prospettiva dell’abuso del diritto. La formula “operazione non genuina”, infatti, è stata spesso utilizzata dalla Corte di giustizia per cogliere anche operazioni connotate da artificiosità, quindi da simulazione e interposizione, vicende che sono più propriamente ascrivibili all’evasione. Anche il concetto di operazioni di “natura circolare” risulta più correttamente accostabile all’evasione. Si evade, infatti, tutte le volte che si altera, che si interpone, che si dissimula.

Così che l’operazione di “cash out” sopra descritta, più che “abusiva/elusiva”, sembra più correttamente inquadrabile tra i fenomeni (dis)simulatori e di interposizione. Quindi, nell’evasione.

La holding, nel caso specifico, può essere considerata una società interposta (fittiziamente), così come il pagamento ricevuto dai soci dalla holding cela, in realtà, il dividendo. In sostanza, l’operazione potrebbe tranquillamente essere disconosciuta attraverso la previsione dell’articolo 37, comma 3 del Dpr 600/1973, senza necessità di “scomodare” tutta la procedura dell’abuso del diritto. Ad ogni modo, ancora una volta traspare la precarietà che si ha, sia a livello comunitario che interno, nel distinguere i fenomeni ascrivibili all’elusione (abuso del diritto) e all’evasione.

Il recesso

Tornando all’affrancamento delle partecipazioni, è da ritenere, invece, perfettamente legittima l’operazione di affrancamento delle partecipazioni quando il socio che vi ha provveduto poi fuoriesce dalla compagine societaria mediante la cessione della propria partecipazione alla holding intermedia costituita e posseduta dai soci “superstiti”.

In questo caso non c’è nessun aggiramento, nessuna alterazione e nessun vantaggio indebito. Né si può dire “tradita” la ratio della disciplina dell’imposta sostitutiva relativa all’affrancamento delle partecipazioni in quanto, al più, nell’operazione descritta si può individuare una fattispecie in qualche modo riconducibile al cosiddetto “recesso atipico” (rientrante nel novero del capital gain).

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