Controlli e liti

L’incognita sanzioni frena le adesioni

di Carlotta Benigni e Antonio Tomassini

La voluntary-bis stenta a decollare. Ciò nonostante le maglie intorno ai detentori irregolari di capitali all’estero si stiano stringendo sempre più, sia a causa degli accordi sullo scambio di informazioni che ormai la maggior parte dei Paesi (ex) black list ha firmato, sia per le azioni ispettive, sia infine in ragione delle indicazioni fornite nel provvedimento delle Entrate del 3 marzo scorso , nel quale vengono chiaramente presi di mira i soggetti che abbiano trasferito all’estero la residenza dopo il 2010 e non abbiano aderito alla prima voluntary. Per tali soggetti l’attenzione è massima, posto che rimane valido il raddoppio dei termini di accertamento anche per i Paesi black list con accordo (come la Svizzera, Monaco e il Liechtenstein), cosicché gli anni aperti in caso di verifica possono essere addirittura quelli dal 2005, mentre se si aderisce alla voluntary-bis bisogna regolarizzare dal 2009. Inoltre, non v’è dubbio che l’agenzia delle Entrate indagherà attentamente se il trasferimento della residenza all’estero sia stato effettivo, con la conseguenza che potrebbero essere contestati anche gli anni seguenti il trasferimento (fittizio) della stessa.

Ma le problematiche della disclosure «2.0» risiedono anche nei dubbi che ancora gravitano intorno alle modalità di calcolo e di compilazione del modello. Tra le criticità principali, alcune delle quali affrontate anche dal documento dei dottori commercialisti di Milano del 29 marzo, rimangono sicuramente quelle che ruotano attorno al tema autoliquidazione . Nonostante si ritenga che tale procedura sia facoltativa, è comunque quella che garantisce i benefici massimi, che sembra aprire alla applicazione di un cumulo giuridico vero delle sanzioni e magari anche al riconoscimento delle imposte pagate all’estero (negate nella prima voluntary e ora chieste a rimborso da qualche contribuente). Sarebbe quindi opportuno chiarirne i confini e magari anche adottare un software ad hoc “certificato” dall’Agenzia per i calcoli, non solo degli interessi. Ciò soprattutto perché se si sbaglia in autoliquidazione e si versa meno del dovuto sono previste sanzioni.

Anche sull’applicazione delle sanzioni sussistono dubbi. Il riferimento è alla sanzione addizionale del 3 % o del 10% a seconda dell’entità dell’insufficiente versamento. Sembrerebbe dalla norma che la sanzione addizionale sia applicabile sui nuovi calcoli dell’Agenzia in maniera integrale, e non solo sul versamento “mancante”. Al riguardo, l’Odcec di Milano sostiene che le maggiori sanzioni dovrebbero trovare applicazione solo nel caso di insufficiente versamento rispetto a quanto autoliquidato, e non rispetto a quanto ri-liquidato dall’Agenzia. Da ciò discenderebbe che eventuali difformità nella qualificazione dei redditi operata dall’ufficio non dovrebbero condurre all’applicazione di sanzioni maggiorate, ma solo alla richiesta di una maggiore imposta.

Altro aspetto da valorizzare, che condurrebbe alla non applicazione delle sanzioni e a una maggiore tranquillità nell’optare per l’autoliquidazione, potrebbe essere la non applicazione di sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza, che renderebbero appunto in ogni caso non punibile il contribuente che ha commesso errori in buona fede.

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