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La Corte Ue boccia la doppia «residenza abituale» per chi vive tra due Stati membri

Il chiarimento nella sentenza C-289/20 arriva per la determinazione della competenza in una causa di divorzio

di Francesco Machina Grifeo

Anche se si vive a cavallo di due Stati europei la «residenza abituale» deve obbligatoriamente essere una sola. Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza nella Causa C-289/20, decidendo una controversia volta a stabilire la competenza giurisdizionale in una causa di divorzio. Per i giudici europei dunque la nozione di «residenza abituale» di un coniuge implica che egli, anche se divida la propria vita tra due Stati membri, possa avere una sola residenza abituale.

La vicenda

IB, cittadino francese, e FA, cittadina irlandese, si sono sposati in Irlanda nel 1994 ed hanno avuto tre figli, ormai maggiorenni. Nel 2018 IB ha depositato una domanda di divorzio al Tribunale di primo grado di Parigi. Poiché il tribunale si è dichiarato territorialmente incompetente, IB ha adito la Corte d'appello parigina per valutare la competenza in relazione alla sua residenza abituale, conformemente al regolamento Bruxelles II bis.

La Corte dopo aver sottolineato sia i numerosi elementi che caratterizzano il collegamento personale e familiare di IB all'Irlanda (dove viveva dal 1999 con la moglie e i figli); sia il fatto che ormai da anni tornava tutte le settimane in Francia, dove aveva stabilito il centro dei suoi interessi professionali, concludeva che egli avesse, di fatto, due residenze. A questo punto però i giudici hanno chiesto alla Cgue se tale soluzione è compatibile col diritto dell'Unione.

La motivazione

Nella sentenza del 25 novembre, la Corte risponde negativamente. E precisa il significato della nozione di «residenza abituale»: anche se il coniuge divide la propria vita tra due Stati membri - afferma -, può avere una sola residenza abituale, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento Bruxelles II bis.

In assenza di una definizione della nozione di «residenza abituale» o di un rinvio espresso al diritto degli Stati membri, la Corte dichiara che tale nozione deve essere interpretata «in modo autonomo e uniforme». In particolare, prosegue, né l'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento Bruxelles II bis né altre disposizioniprevedono che una persona possa, contemporaneamente, avere più residenze abituali o una residenza abituale in una pluralità di luoghi.

Successivamente, i giudici affermano che, ai fini della determinazione della competenza, la nozione di «residenza abituale» sia caratterizzata da due elementi: da un lato, la volontà dell'interessato di fissare il centro abituale dei suoi interessi in un luogo determinato ; dall'altro, una presenza che denota un grado sufficiente di stabilità nello Stato membro interessato. Pertanto, conclude la decisione, il coniuge «attore» deve dimostrare la sua presenza nel diverso Stato con un grado sufficiente di stabilità.

In definitiva per la Cgue sebbene un coniuge possa contemporaneamente disporre di più residenze, può avere una sola residenza abituale. Pertanto, se divide la propria vita tra due Stati membri, solo i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situata tale residenza abituale sono competenti a statuire sulla domanda di scioglimento del vincolo matrimoniale.

Spetta ora al giudice del rinvio verificare, sulla base del complesso delle circostanze di fatto peculiari del caso di specie, se il territorio dello Stato membro cui esso appartiene corrisponda al luogo in cui IB ha trasferito la propria residenza abituale.