La logica punitiva del taglio delle detrazioni
Nel Paese del conflitto d’interessi, in princĭpĭum ritengo doveroso precisare che, all’attualità, non ho il privilegio di conseguire un reddito il cui ammontare sia oggetto di potenziale taglio delle detrazioni fiscali, a differenza del legislatore, il quale si è ben premunito nel posizionare l’asticella appena sopra il reddito dei parlamentari, che, quindi, ne sarebbero esclusi. Ciò nonostante sento il dovere di denunciare che l’operazione di limatura delle tax expenditures, partendo dai redditi superiori a 120mila euro fino al loro azzeramento per quelli pari o superiori a 240mila euro, mina quella che dovrebbe essere la madre di tutti i principi giuridici: la ragionevolezza.
Se si volesse scoraggiare l’evasione, bisognerebbe sia concentrare gli sforzi solo su colori i quali le tasse non le pagano, che evitare, in capo a chi assolve in maniera onerosa gli obblighi tributari, la percezione di essere vittima di un sistema fiscale iniquo. Diversamente la misura proposta, in un sistema fortemente progressivo, li scardina entrambi perché infierisce sugli onesti.
Con un semplice esempio è agevole comprenderne le ragioni. Tizio e Caio sono entrambi lavoratori dipendenti con coniuge e due figli a carico; il primo ha un reddito di 20mila euro ed il secondo di 200mila euro, ma la curva della progressività è talmente ripida che, benché ci vogliano 10 Tizio per realizzare il reddito di Caio, ne occorrano 308 del primo per pagare le medesime tasse del secondo: infatti l’Irpef lorda per Caio è 257 euro, mentre per Tizio è ben 79mila euro. Il risultato è che lo 0,7% (303mila su 41milioni ha un reddito complessivo superiore a 120mila euro) dei contribuenti versa oltre il 15% dell’intera Irpef (24miliardi di euro su 157miliardi di euro).
Orbene, i cittadini che contribuiscono in misura «sproporzionalmente» superiore al mantenimento dei servizi generali (sicurezza, istruzione, infrastrutture, sanità, eccetera) di cui tutti usufruiscono, anche coloro i quali (ben 13milioni) non pagano alcuna Irpef, invece di ricevere una lettera di ringraziamento a nome dell’intera collettività, dovrebbero essere penalizzati nel vedersi decurtare o addirittura impedire la possibilità (riconosciuta a chi da molto meno!), di recuperare il 19% di tutte le spese mediche, ovvero polizze vita, spese scolastiche, rette universitarie e attività sportive dei figli.
L’ennesima norma demagogica (si stima sarebbero recuperati appena 30milioni di euro) propagandata come redistributiva, il cui unico effetto è punire chi dovrebbe essere premiato.