La permanenza prolungata non inficia l’accertamento
Nell’ambito delle verifiche tributarie, il superamento del termine di permanenza degli incaricati dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, disciplinato dal comma 5, articolo 12, legge 212/2000, non comporta la sopraggiunta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, considerato che nessuna delle menzionate sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati.
A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione con ordinanza 17402/2018 .
La Ctr dell’Umbria ha accolto l’appello proposto dall’agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Ctp di Perugia che aveva accolto il ricorso di un contribuente avverso gli avvisi di accertamento per imposte dirette e Iva per plurime annualità. La Ctr ha osservato che la sentenza appellata risultava essere errata e pertanto ha negato la fondatezza dell’eccezione di invalidità formale degli avvisi di accertamento de quibus, basata sulla permanenza dei verificatori presso la sede lavorativa del contribuente oltre il termine di cui al comma 5 dell’articolo 12 della legge 212/2000.
Avverso la decisione del collegio umbro il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione lamentando, ex articolo 360, comma 1, n. 3 del Codice di procedura civile, la violazione e la falsa applicazione del comma 5, articolo 12 della legge 212/2000, in quanto la Ctr ha negato di fatto il superamento del limite di permanenza dei verificatori presso la sua sede lavorativa, confutando la fondatezza dell’eccezione di invalidità dell’avviso di accertamento impugnato per tale specifica violazione della disposizione statutaria de qua.
Per il Collegio di legittimità la censura è infondata in quanto ha ritenuto che, in tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dal comma 5, articolo 12 della legge 212/2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, nè l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati (Cassazione, sezione V, sentenza 2055/2017). Di conseguenza per i Giudici del palazzaccio, anche prescindendo del tutto dall’accertamento dei fatti effettuato dal Giudice tributario di appello, l’eccezione de qua risulta giuridicamente infondata.
La pronuncia appare rigorosa in quanto l’esigenza conoscitiva, connaturata all’espletamento di ogni indagine tributaria, si pone in antitesi con l’interesse, di cui è portatore il contribuente, alla riservatezza delle notizie attinenti alla propria sfera privata e si colloca sul displuvio della legittimità del procedimento dell’accertamento tributario, nel quale le disposizioni contenute nel comma 5, articolo 12 della legge 212/2000 paiono allestire una tutela che investe il procedimento nella sua essenza, in quanto preteso monito operativo a governo di un’attività che caratterizza prevalentemente i controlli, cioè la verifica tributaria e la sua la durata, mentre, per portata operativa, si rivela norma di più modesta valenza cautelare, andando a incidere su limitati oneri procedurali in modo sconnesso rispetto a un bagaglio tecnico-operativo meritevole di una più qualificata attenzione.
Cassazione civile, sezione VI, ordinanza 17402 del 3 luglio 2018