Controlli e liti

La revoca della condanna è estesa alla confisca

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di Antonio Iorio

Se il fatto commesso non è più previsto come reato, a seguito di una legge successiva, il giudice dell’esecuzione deve revocare non solo la sentenza di condanna e i suoi effetti, ma anche la confisca. A nulla rileva che la pronuncia sia definitiva e che i beni siano già stati acquisiti al patrimonio dello Stato. A fornire questo interessante principio, riferito nella specie alla nuova soglia del delitto di omesso versamento Iva, è la Corte di cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 8421 depositata ieri.

Un imprenditore veniva condannato, con pronuncia definitiva per omesso versamento Iva, in vigenza della soglia di 50mila euro. Era altresì disposta la confisca su propri beni per il valore del tributo evaso. Dopo l’innalzamento della soglia a 250mila euro (Dlgs 158/2015) il condannato chiedeva la revoca della sentenza nonché della confisca, poiché secondo la nuova norma, il fatto che aveva commesso non era più previsto dalla legge come reato. Più in dettaglio evidenziava che si era di fronte a una confisca per equivalente e non, come erroneamente qualificata dal giudice, a una confisca diretta. Il giudice revocava la sentenza penale di condanna, determinando anche la cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali, tra cui le spese processuali e di sequestro.

Con riguardo invece alla confisca, respingeva la richiesta perché si trattava di una misura di sicurezza patrimoniale, priva di natura sanzionatoria. Era poi evidenziato che anche a voler considerare la confisca per equivalente e non diretta comunque non poteva essere revocata con restituzione dei beni all’avente diritto nel momento in cui aveva già avuto esecuzione. In sostanza, il passaggio in giudicato della sentenza comportava l’immediata acquisizione del bene in favore dello Stato, senza alcuna possibilità di revoca.

Il contribuente ricorreva allora per Cassazione lamentando, in estrema sintesi, un’errata interpretazione della norma, atteso che occorreva revocare anche la confisca.

I giudici di legittimità hanno rilevato che nel caso di specie, non ha rilevanza se la confisca sia diretta o per equivalente in quanto essa, nei reati tributari, è sempre obbligatoria. Del pari irrilevante è la sua natura: misura di sicurezza patrimoniale (come sostenuto dal Tribunale) ovvero sanzionatoria (come ritenuto dalla difesa).La Suprema Corte evidenzia invece che:

in base all’ articolo 2, comma 2, del Codice penale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali;

l’estinzione del reato impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione (Cp, articolo 210 );

il giudice infine (articolo 673 del Cpp), in caso di abrogazione di una norma incriminatrice, dichiara che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti.

In tale contesto normativo, secondo la Cassazione, tra i provvedimenti conseguenti alla revoca della condanna ci sono sicuramente anche le statuizioni accessorie che presuppongono detta condanna.

Ne consegue che l’esecuzione della confisca non costituisce elemento ostativo, né a livello concettuale, né a livello operativo potendosi sempre disporre la restituzione dei beni illegittimamente acquisiti e cioè di quanto concretamente realizzato dall’esecuzione. Lo Stato, infatti, non può trattenere i beni senza titolo che è venuto meno in seguito alla norma abrogratice. Un principio molto importante, soprattutto con riferimento ai reati tributari oggetto di modifiche favorevoli al reo (si pensi a tutti gli omessi versamenti e alla dichiarazione infedele), in quanto in presenza di confisca, essa deve essere revocata nonostante la condanna sia definitiva

Cassazione, III sezione penale, sentenza 8421 del 21 febbraio 2018

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