La strada stretta per la compensazione di partite contabili
Compensazione di partite contabili ancora sotto la lente. La questione riguarda le registrazioni funzionali alla neutralizzazione di valori di segno contrario (esempi: crediti e debiti verso fornitori contemporaneamente clienti; interessi finanziari attivi/passivi), ovvero di contenuto e significato contrapposto (ad esempio, la compensazione di un ricavo con una perdita su crediti, generativa di una insussistenza dell’attivo).
La regolazione generale della disciplina strutturale del bilancio societario, cristallizzata nell’articolo 2423-ter, comma 6, del Codice civile, ne interdice in modo assoluto l’applicazione. Un divieto confermato, altresì, dal documento Oic 1 che, nell’enunciazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma nella redazione del bilancio di esercizio delle società, consente il ricorso al regolamento simultaneo compensativo di due partite contabili di segno opposto esclusivamente «tramite l’intervento di una stanza di compensazione» presso i mercati finanziari regolamentati. Ciò in quanto prevista come elemento intrinseco (rectius, tipico) della particolare operazione, non altrove rinvenibile.
Sull’argomento sono diverse le interpretazioni tendenti a consentire deroghe al generale divieto recato dall’articolo 2423-ter del Codice civile sulla base di una combinata lettura degli articoli 1241 e seguenti. Alcune anche collaborate da una generosa lettura dell’articolo 2425-bis del Codice civile che appare ammettere, in via implicita, il ricorso ad un siffatto strumento sancendo che i ricavi/proventi e i costi da appostare al conto economico «devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti, abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse». Una regola, questa, di buona amministrazione che non è affatto giustificativa del superamento del divieto generale di «compensi di partite» perché:
a) incidente nella formazione del conto di esercizio e, quindi, non affatto invasivo dei valori dello stato patrimoniale;
b) posta a chiara tutela della riservatezza delle politiche aziendali, nel senso di non rendere palesi le strategie commerciali, di acquisto e di vendita, dell’impresa nella compilazione del conto economico. In quanto tale non affatto produttiva di alcuna compensazione di partite in senso stretto.
Quanto agli articoli disciplinanti l’istituto viene civilisticamente riconosciuta come possibile l’estinzione di obbligazioni omogenee, per quantità corrispondenti, attraverso compensazioni di debiti contratti reciprocamente da due centri di interessi, specie quando essi siano liquidi ed esigibili ovvero, relativamente all’oggetto, riguardino danaro o cose fungibili. Per essere suscettibili di una siffatta pratica compensativa tutti i debiti reciproci devono pertanto essere certi (nel senso che non siano controversi nella loro esistenza contrattuale), valorizzati con assoluta precisione in una somma di denaro e non essere sottoposti ad alcun termine e/o condizione.
Al riguardo, si ritiene rappresentare una qualche considerazione, tendente a limitare segnatamente il campo di applicazione dell’istituto della compensazione di partite, fosse anche di tipo volontario, nell’ambito della disciplina della formazione dei bilanci societari. Ciò sulla base di una lettura coordinata degli articoli richiamati del Codice civile che, al di là della sua generica previsione individuata negli articoli 1241 e 1252, sembra escluderne in via assoluta l’applicazione (articolo 2423-ter), ribadita peraltro in alcune leggi di disciplina speciale afferenti ai bilanci di banche e istituti finanziari (Dlgs 136/2015) ovvero di quelle delle imprese assicuratrici (Dlgs 173/2007).
Non solo. Il ricorso a tale strumento sembra collidere con i divieti posti dalla più generale disciplina della legge antiriciclaggio, che impone non pochi limiti a comportamenti elusivi del divieto dello “uso del contante” ovvero di pratiche ad esso assimilabili, che imporrebbe la prova del pagamento intervenuto mediante transazioni bancarie, privilegiando in proposito bonifici in entrata e in uscita, comprovanti l’estinzione di due reciproche posizioni debitorie. Il tutto a riprova che la compensazione sia stata effettuata, a garanzia della chiarezza della contabilità, su crediti recati da fatture e ricevute cui hanno fatto seguito i necessari relativi adempimenti fiscali.