Controlli e liti

Lecita la verifica nell’ufficio delle Entrate

di Laura Ambrosi

È legittimo l’accertamento emesso in seguito alla verifica svolta nell’ufficio dei verificatori anche se il contribuente si era opposto avendo richiesto l’esecuzione nello studio del professionista di fiducia. La garanzia prevista dallo statuto è finalizzata ad arrecare la minor turbativa presso la sede, con la conseguenza che i verificatori possono arbitrariamente scegliere il luogo esterno dove proseguire. A fornire questa interpretazione è la Corte di Cassazione con l’ ordinanza n. 7613 depositata ieri.

Un contribuente dopo l’avvio di una verifica presso la propria sede, chiedeva che la stessa proseguisse nello studio del professionista tenutario delle scritture contabili. I verificatori, in contrasto con tale richiesta, proseguivano il controllo nei propri uffici. L’accertamento notificato in seguito veniva impugnato dinanzi al giudice tributario e tra i diversi motivi di ricorso, era eccepita la nullità del provvedimento per violazione dell’articolo 12 comma 3 dello statuto dei contribuenti.

La Corte ha innanzitutto rilevato che la norma consente al soggetto sottoposto a verifica di chiedere che l’esame dei documenti avvenga o presso il professionista che lo assiste oppure presso l’ufficio dei verificatori. Dalla disposizione emerge l’esigenza di arrecare la minore turbativa possibile, attribuendo al contribuente l’opportunità di scelta del luogo del prosieguo dell’indagine.

Tuttavia, secondo la Cassazione non rappresenta una violazione la scelta dei verificatori di proseguire presso i propri uffici in luogo dello studio professionale: si tratta di una decisione discrezionale non sindacabile dal contribuente. Vale a dire che l’interessato può liberamente scegliere che la verifica non si svolga presso i locali aziendali, ma non può imporre il luogo dove i verificatori debbano proseguire, fuori dall’impresa.

Sempre in tema di verifiche presso la sede del contribuente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7723 di ieri, ha chiarito che nell’ipotesi di uso promiscuo (sede dell’impresa ed abitazione), non è necessaria un’autorizzazione giustificata da gravi indizi di evasione a carico del contribuente. Nel caso esaminato, il piano terra dell'edificio era adibito all’attività, mentre il primo piano alla residenza della contribuente. Essendoci un collegamento interno che consentiva l’accesso da un piano ad un altro, si trattava di locali ad uso promiscuo con la conseguenza che era necessaria solo l’autorizzazione della procura senza che sussistessero indizi gravi di evasione preventivi all'accesso.

Cassazione, V sezione civile, ordinanza 7613 del 28 marzo 2018

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