Imposte

Neutralità dell’Iva alla prova dei controlli su attività al dettaglio

di Raffaele Rizzardi

La norma sovraordinata in tema di imposta sul valore aggiunto è attualmente la direttiva 2006/112/Ce. Quando la Corte di Giustizia deve interpretare questo tributo non procede a un’analisi puntuale o cavillosa del testo normativo, ma decide in base ai principi generali di neutralità del tributo per il soggetto di imposta e di proporzionalità delle disposizioni, come è avvenuto con la sentenza sull’anomalia italiana di consentire la nota di variazione della fattura insoluta solo alla conclusione della procedura concorsuale.

La neutralità del tributo si fonda su due principi fondamentali per le operazioni tra soggetti di imposta: l’obbligo di rivalsa e il diritto di detrazione. L’importanza della detrazione è talmente sentita dalla direttiva, che la colloca nell’articolo 1, con l’affermazione che a ciascuna operazione, l’Iva, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo. Nella legge dell’Unione europea troviamo poi le regole per la detrazione (articoli da 167 a 192), mentre nella nostra legge ci sono solo le regole di dettaglio (articoli da 19 a 19-ter).

L’Associazione italiana dottori commercialisti (Aidc) si è occupata di questo argomento in alcune norme di comportamento. Uno dei temi riguardava (norma n. 179) l’allora illegittima disposizione dell’articolo 60, settimo comma, legge Iva, che vietava la rivalsa nei confronti del cessionario o committente, quando il tributo era stato accertato a carico del cedente o prestatore. Si trattava di una sanzione impropria, incompatibile con la direttiva e le sopra ricordate regole di lettura. La norma n. 179 tenta di superare questa anomala disposizione, invocando altre regole dell’Iva, che avrebbero forse potuto supplire all’illegittimità della norma.

Nel 2012, per evitare una procedura di infrazione, il nostro legislatore riscrive la disposizione, concedendo il diritto di rivalsa al soggetto accertato, ma solo se ha pagato imposta, sanzioni e interessi. A sua volta il cliente può portare in detrazione questa Iva, ma solo dopo averla pagata al fornitore. Superato il nocciolo duro del divieto di rivalsa, e fatte le opportune osservazioni sull’anomalia del doppio criterio di cassa (per il soggetto accertato e per il suo cliente), la norma n. 195 concentra le sue considerazioni su altri aspetti di questa disposizione.

Un ulteriore argomento preso in considerazione riguarda il venir meno della neutralità del tributo nel caso di accertamenti induttivi su operazioni al dettaglio, per l’evidente impossibilità di esercitare la rivalsa. E su questo è già stata chiamata a pronunciarsi la Corte di Giustizia, in base al rinvio pregiudiziale della causa C-648/16.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©