Contabilità

Nullo l’affitto d’azienda senza ok dei soci

di Angelo Busani e Elisabetta Smaniotto

È «verosimile» che sia da qualificare in termini di nullità il contratto concluso da un amministratore di Srl dal quale consegua una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale della società contraente; un contratto di affitto d’azienda per effetto del quale la società locatrice dell’azienda si era “trasformata” da società operativa in società che si limitava a riscuotere un canone d’affitto. Lo ha affermato il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa, in una ordinanza emanata il 5 novembre 2017 (procedimento n. 42004/2017).

La dichiarazione di nullità è servita al Tribunale per disporre il sequestro dell’azienda oggetto del contratto di affitto ritenuto nullo; e il Tribunale si è limitato a dichiarare la “verosimiglianza” della nullità in quanto l’affermazione è scaturita nell’ambito di un procedimento cautelare per sequestro (e non di un procedimento di merito sull’invalidità del contratto). Comunque, è un’affermazione assai rilevante, in quanto completamente inedita.

La vicenda giuridica ha come presupposto l’articolo 2479, n. 5), del Codice civile, secondo cui compete ai soci della Srl decidere in ordine al compimento di operazioni che «comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale» delineato nello statuto di una società. Un caso “classico” è quello che si verifica quando una società operativa conferisce l’intera sua azienda in una società, mutando la sua natura in società holding: con il conferimento, infatti, cambia radicalmente l’oggetto sociale, perché la società conferente cessa l’attività operativa e inizia l’attività di finanziaria statica.

La stessa situazione si ha nel caso dell’affitto dell’azienda sociale che derivi da una decisione dell’organo amministrativo senza il coinvolgimento dei soci. Questo contratto è valido, inefficace o invalido? E il terzo contraente di buona fede subisce il difetto decisionale verificatosi in seno all’altro contraente? Se la risposta fosse - come quella data dal Tribunale di Milano - in termini di nullità si hanno conseguenze radicali: il contratto d’affitto, essendo nullo, va considerato come se non fosse mai stato stipulato e, quindi, il creditore del locatore potrebbe pignorare direttamente i beni aziendali (e chiederne il sequestro), senza doversi “accontentare” di pignorare il credito al canone d’affitto dovuto dall’affittuario dell’azienda.

Prima di questa ordinanza del Tribunale di Milano non risulta che considerazioni così rigorose fossero mai state affermate: se infatti gli studiosi della materia hanno in prevalenza qualificato questo contratto in termini di «inefficacia assoluta», la dottrina minoritaria e la Cassazione (sentenza 25946/2011) hanno affermato – con argomentazione convincente – che, ferma la responsabilità dell’amministrazione che illegittimamente operi senza coinvolgere i soci (titolari del potere decisionale), il terzo contraente di buona fede non fa le spese dell’abuso di potere dell’amministratore della società sua controparte e del fatto che siano state violate le regole decisionali interne ad essa.

Tribunale di Milano, sez. imprese, ordinanza del 5 novembre 2017

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