Nuovi concordati, continuità aziendale anche indiretta
Nei principi generali della riforma viene affermata la prevalenza delle soluzioni che comportino il superamento della crisi attraverso la salvaguardia del valori aziendali. Priorità assicurata ai concordati con continuità aziendale anche indiretta, tramite un diverso imprenditore, che non può andare a scapito dei creditori. Viene infatti ribadita la funzionalità della continuazione d’impresa alla miglior soddisfazione dei creditori.
La disciplina del concordato con continuità aziendale viene arricchita con tre importanti criteri direttivi. Il primo attiene alla previsione di una moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati per un periodo anche superiore a un anno, salvo che sia programmata la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, riconoscendo in tal caso ai predetti creditori il diritto di voto. Il secondo chiarisce che la disciplina si applica anche alla proposta di concordato che preveda la continuità aziendale e nel contempo la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, a condizione che i creditori vengano soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale. Infine il legislatore scioglie uno dei nodi più dibattuti statuendo che tale disciplina si applica anche nei casi in cui l’azienda sia oggetto di contratto di affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato.
La preferenza del legislatore per il concordato con continuità è ribadita nel principio che stabilisce l’ammissibilità di proposte che abbiano natura liquidatoria solo quando sia previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori. Viene quindi abrogato il concordato liquidatorio puro, quello con cessione ai creditori di tutti i beni del debitore, dato che la proposta deve comprendere, a pena di inammissibilità, anche l’apporto di risorse esterne. Fermo restando che si deve comunque assicurare ai creditori il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare complessivo dei crediti chirografari.
Di non minor rilievo sono le altre novità, in molti casi dirette ad attuare uno dei principi generali della riforma: la riduzione della durata e dei costi delle procedure concorsuali. Con riferimento al profilo temporale si dovrà procedere alla revisione della disciplina delle misure protettive, specialmente quanto alla durata e agli effetti, prevedendone la revocabilità, su ricorso degli interessati, ove non arrechino beneficio al buon esito della procedura.
Con riferimento ai costi la legge affida al legislatore il compito di determinare l’entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore, da commisurare proporzionalmente all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura e di prevedere che i crediti dei professionisti sorti in funzione del deposito della domanda di concordato, anche di quella con riserva, siano prededucibili a condizione che la procedura sia aperta in base all’articolo 163 della legge fallimentare.
Altri criteri rispondono al principio generale volto a riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, per favorirne il superamento, in coerenza con i princìpi della delega. Il più significativo è quello dettato in relazione ai poteri del tribunale, estesi alla verifica della fattibilità anche economica del piano, tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale. Il legislatore ha ampliato questo sindacato non più limitato ai casi di manifesta inettitudine del piano, potendo d’ora in poi il giudice sempre valutare caso per caso in riferimento alle modalità indicate dal proponente, l’effettiva realizzabilità delle stesse per superare lo stato di crisi e/o insolvenza. Spettando invece ai creditori la valutazione di convenienza di una proposta plausibile rispetto all’alternativa del fallimento.
La riforma fallimentare approvata definitivamente dal Senato