Operazioni straordinarie con l’incognita retroattività sul registro
Le risoluzioni dell’agenzia delle Entrate dedicate ai profili elusivi delle operazioni di scissione (97/E del 25 luglio e 98/E del 26 luglio 2017) non si sono soffermate solo sulle imposte sui redditi, ma hanno affrontato anche il tema delle modalità di applicazione dell’imposta di registro. In particolare, si tratta di capire come valutare l’intera catena delle operazioni poste in essere e se è possibile riqualificare gli atti come cessione di azienda vera e propria in base all’articolo 20 del Testo unico del registro, esattamente come le interpretazioni ufficiali, suffragate dalla giurisprudenza, sostengono per il caso di conferimento di azienda e successiva cessione della conferitaria. Poiché le modifiche a questa norma contenute nel disegno di legge di bilancio 2018 non sembrano avere portata retroattiva, il problema è ancora attuale per tutte le operazioni poste in essere fino alla fine del 2017.
I temi che si intrecciano spaziano dal rapporto tra norma anti abuso del diritto e norma specifica del registro alla applicabilità o meno di questa esposizione alle operazioni di scissione; sul tema, inoltre, registriamo anche l’intervento critico di Assonime (circolare 20 del 3 agosto 2017).
Riqualificazione degli atti
C’è un punto sul quale convergono le risoluzioni dell’agenzia delle entrate e la dottrina (Assonime in primis): la norma antiabuso è utilizzabile solo se alle singole fattispecie non possono essere applicate disposizioni specifiche, come stabilito dal comma 12 dell’articolo 10-bis della legge 212/2000. Poiché un’operazione di conferimento (o di scissione) seguita da cessione delle quote viene riqualificata in cessione di azienda sulla base dell’articolo 20 del Dpr 131/86, ci si chiede se questa disposizione debba essere considerata una declinazione della regola generale antiabuso, oppure una norma specifica di accertamento. Assonime evidenzia che si sono formati nel tempo tre filoni di opinioni su questo aspetto:
l’articolo 20 consente solo di assoggettare ad imposta gli atti in base al loro effettivo contenuto giuridico, analizzandone quindi gli effetti e non il “nome”, ma sempre •prescindendo dal collegamento con altri negozi;
•si tratta di una norma a una valenza antielusiva;
• la norma ha la funzione di stabilire la causa concreta dell’operazione sottostante ai diversi atti, tenuto conto anche del loro collegamento.
Secondo Assonime deve prevalere la prima interpretazione: non è possibile ricondurre negozi diversi ad un negozio unitario «soltanto per il perseguimento di un fine pratico ulteriore». Osserviamo che se la norma del registro rimane confinata all’interpretazione dei singoli atti, non risultano applicabili le regole generali dell’antielusione, per cui non avrebbe senso la ricerca di eventuali risparmi di imposta o di motivazioni esclusivamente fiscali nella concatenazione tra i negozi. Si dovrebbero, di conseguenza, ritenere superate molte delle considerazioni avanzate dall’amministrazione finanziaria, che ravvede nell’operazione di conferimento seguito della cessione totalitaria delle quote una elusione della tassazione proporzionale della cessione di azienda. Poiché cessione di quote della conferitaria e cessione di azienda sono negozi con effetti giuridici molto diversi, la riqualificazione degli atti in base all’articolo 20 non sarebbe possibile.
Tuttavia la scelta dell’agenzia delle Entrate è stata quella di dare rilevanza alla tesi 3 e cioè che l’articolo 20 ha la funzione di stabilire la causa concreta dell’operazione sottostante ai diversi atti, tenuto conto anche del loro collegamento, facendo leva sostanzialmente sulle sentenze della Cassazione degli ultimi anni (tra le quali nel 2017 ricordiamo la 3562, la 6758 e la 11873 ) che concludono in modo uniforme per l’applicabilità del registro proporzionale al valore dell’azienda trasferita.
La modifica che viene ora prospettata per l’articolo 20, che ne confina la portata al singolo atto, premia sicuramente la tesi 1), ma - come da più parti è stato osservato - non è chiaro se la novità possa avere valenza interpretativa e quindi applicarsi anche ai contenziosi già sorti.