Per la donazione non servono testimoni
L’atto pubblico costitutivo di una fondazione non è assimilabile a una donazione e, quindi, per la sua validità, non richiede che esso sia stipulato in presenza di due testimoni, come invece accade per la donazione.
È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 16409 del 4 luglio 2017 (relatore Antonio Scarpa); sentenza importante perché, implicitamente, sdogana il tema se atti analoghi all’atto costituivo di fondazione (quali: l’atto di dotazione di un trust; l’atto istitutivo di un vincolo di destinazione; il contratto di affidamento fiduciario) debbano necessariamente avere la forma della donazione, vale a dire appunto l’atto pubblico stipulato in presenza di due testimoni.
La forma della donazione è disciplinata dall’articolo 782, comma 1, del codice civile, per il quale «la donazione deve essere fatta per atto pubblico a pena di nullità». Questa norma deve peraltro essere coordinata con l’articolo 48, legge 89/1913 (la legge professionale dei notai, la quale regola anche la forma degli atti notarili), per il quale negli atti di donazione «è necessaria la presenza di due testimoni».
Sia il codice civile che la legge notarile prescrivono dunque la presenza di due testimoni per gli atti di “donazione”. Il tema è se questa prescrizione formale sia da estendere ad altri atti, causalmente diversi dalla donazione, che, così come la donazione, abbiano l’effetto economico di incrementare il patrimonio del soggetto a favore del quale sono stipulati.
Così, se Tizio erige una fondazione e la dota con un certo patrimonio, l’effetto economico che ne deriva è il medesimo di una donazione: il decremento patrimoniale del fondatore e l’incremento patrimoniale della fondazione.
Ebbene, la risposta al quesito se occorrano i testimoni per la validità di atti “simili” alla donazione non può che essere quella secondo cui le prescrizioni formali dettate dalla legge, a pena di nullità, con riferimento alla forma che deve rivestire l’atto dotato di un certo contenuto causale (nella fattispecie: la causa di donazione) non possono assolutamente essere applicate a negozi caratterizzati da una causa diversa da quella per la quale la legge detta le prescrizioni formali: infatti, le norme sulla forma degli atti, per definizione, sono evidentemente di strettissima interpretazione e sarebbe abnorme ritenere nullo un atto per mancanza di forma, se questa forma è prescritta dalla legge per un atto causalmente diverso.
Considerazioni ovvie ma non valutate nei due gradi di giudizio di merito anteriori, dove è stata affermata la nullità dell’atto costitutivo di fondazione per assenza di testimoni.
Bene ha fatto dunque la Cassazione, con la sentenza n. 16409/2017, a ribadire con vigore che il contratto di donazione e l’atto costitutivo di fondazione sono due mondi diversi, seppur accomunati dal loro profilo di gratuità: la dotazione patrimoniale che la fondazione «riceve trova la sua autonoma giustificazione causale non nello spirito di liberalità del fondatore, quanto nella destinazione di beni per lo svolgimento, in forma organizzata, dello scopo statutario. L’atto di dotazione trova, cioè, la sua causa nel negozio di fondazione, rappresentandone un elemento inscindibile».