Adempimenti

Per gli enti religiosi doppia possibilità di iscrizione al Registro

Nessuna trasmigrazione automatica, ma è l'ente chiamato a dover decidere

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di Andrea Perrone e Gabriele Sepio

Gli enti religiosi che svolgano attività di interesse generale possono iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore e, così, beneficiare del regime previsto dal Dlgs 3 luglio 2017, numero 117 – Codice del terzo settore (Cts) nel ricorrere di tre condizioni:
1) l’adozione di un regolamento che recepisca la disciplina del Cts nel rispetto della struttura e delle finalità degli enti;
2) la tenuta di scritture contabili separate;
3) la costituzione di un patrimonio destinato allo svolgimento delle attività di interesse generale.

Un recente intervento normativo ha configurato il patrimonio destinato come patrimonio separato: per le obbligazioni sorte con riguardo alle attività di interesse generale la responsabilità dell’ente è limitata ai beni compresi nel patrimonio destinato; mentre, reciprocamente, tali beni sono esclusi dall’azione esecutiva dei creditori dell’ente. Secondo un’espressione comune, gli enti religiosi che nel regolamento recepiscano la disciplina del Cts si iscrivono al Runts costituendo un “ramo” ente del Terzo settore (Ets).

Gli enti religiosi possono, tuttavia, recepire nel regolamento la disciplina prevista dal Dlgs 2 luglio 2017, numero 112 in materia di impresa sociale (Is). In tal caso, gli enti si iscrivono nell’apposita sezione del Registro delle Imprese, costituendo un “ramo” impresa sociale. La scelta tra ramo Ets e ramo Is dipende dalle caratteristiche dell’attività svolta dall’ente e dalla considerazione della disciplina fiscale rilevante.

Qualora l’attività di interesse generale dell’ente venga svolta a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superino i costi effettivi, l’ente opera con modalità non commerciale e come tale può accedere al regime fiscale di particolare favore che il Cts riserva agli Ets non commerciali.

In questo caso, mediante la costituzione di un ramo Ets, l’ente religioso potrà godere di numerosi benefici: per esempio, l’esenzione dall’Imu; la possibilità di ricevere erogazioni liberali detraibili o deducibili; l’esenzione dell’imposta di successione e donazione; l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, per il trasferimento di beni utilizzati per gli scopi istituzionali dell’ente; l’applicazione dell’accesso a un regime forfetario per la determinazione del reddito di impresa, così da sostenere un carico fiscale significativamente inferiore a quello ordinario con riguardo ai ricavi conseguiti nello svolgimento di eventuali attività diverse con modalità commerciale.

In questa prospettiva, il “ramo” Ets risulta la forma preferibile per molte attività svolte in regime di convenzione con le amministrazioni pubbliche (per esempio, la gestione di un centro di accoglienza o di un centro di formazione professionale).

Diversa valutazione andrà data, invece, qualora l’ente, pur senza distribuire gli utili, svolga una significativa attività in cui i ricavi eccedano i costi, come nel caso, per esempio, di un ospedale che opera anche in regime di solvenza.

In tal caso, potrà risultare più adeguata la forma “ramo” Is. Pur non potendo accedere in modo pieno al regime previsto per gli Ets non commerciali, l’applicazione del regime dell’impresa sociale consentirà all’ente religioso di godere comunque di alcuni rilevanti benefici fiscali: la possibilità di ricevere erogazioni liberali detraibili o deducibili; l’esenzione dell’imposta di successione e donazione; l’applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale.

In ragione della particolare natura degli enti religiosi, per espressa previsione della legge il “ramo” Is potrà accedere a tale regime anche senza essere tenuto ad alcuni adempimenti previsti, di contro, per le imprese sociali tout court: l’inserimento nella denominazione dell’espressione “impresa sociale” e la necessaria partecipazione dei lavoratori e degli utenti alla governance.

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