Reddito agrario terreni in forma «associata»
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Il contratto di rete è una forma contrattuale, introdotta dall’articolo 3, comma 4-ter del Dl 5/2009, con la quale più imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Dal 2014 il 91/2014 ha previsto l’utilizzo di questo contratto in agricoltura con lo scopo di incrementare la produzione anche mediante la coltivazione di terreni di proprietà o in affitto di altre aziende agricole.
Per stipulare un contratto di rete agricolo è necessario che siano soddisfatti due requisiti, uno soggettivo e uno oggettivo. Per quanto riguarda quello soggettivo, possono partecipare alla rete solo le imprese agricole, individuali o associate, definite piccole e medie in base al regolamento 800/2008; si tratta di imprese che occupano meno di 250 persone, che hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni e il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni.
Con riferimento, invece, all’ambito oggettivo, la normativa trova applicazione se le imprese agricole mettono in comune fattori della produzione per la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese partecipanti, in termini di innovazione e competitività.
Ciò che caratterizza il contratto di rete agricolo è che la produzione derivante dall’esercizio in comune dell’attività secondo il programma di rete, può essere divisa tra i partecipanti e l’attribuzione del prodotto, a ciascuno, è a titolo originario. Tale previsione, come osservato dall’Agenzia, non è “automatica” ma deve essere esplicitamente previsto dal programma di rete che i partecipanti devono stipulare. Al riguardo l’Agenzia ha precisato che l’acquisto a titolo originario della produzione agricola è possibile solo ad alcune condizioni:
a) tutti i retisti svolgano la medesima attività;
b) mettano in comune una parte significativa dei terreni che posseggono;
c) perseguano lo stesso obiettivo comune. Per realizzare questi programmi, devono apportare mezzi umani e tecnici proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune. La divisione della produzione deve essere proporzionata al valore del contributo del singolo partecipante e i prodotti oggetto di divisione non vengano successivamente ceduti tra i retisti, dal momento che la ratio di tale tipologia di rete è il fatto che essa è finalizzata alla produzione.
Gli effetti fiscali che si verificano sono due: ai fini Iva, la divisione dei prodotti non produce effetti traslativi tra le imprese contraenti e quindi le operazioni poste in essere ai fini della realizzazione della produzione agricola non assumono rilevanza ai fini di tale imposta. L’Agenzia conferma che l’applicazione del regime speciale di cui all’articolo 34 del Dpr 633/1972 non è preclusa dalla partecipazione alla rete, tuttavia occorre distinguere due casi: dopo la divisione, poiché i prodotti sono acquisiti a titolo originario, il singolo retista, in regime speciale, che cede a terzi i propri prodotti, indicati nella tabella A, parte I, allegata al Dpr n. 633 del 1972, potrà detrarre l’imposta mediante le percentuali di compensazione. Se, invece, le imprese agricole costituiscano una rete finalizzata alla vendita o diano mandato a una capofila per vendere i prodotti a terzi, qualora la capofila sia in regime speciale, la stessa potrà applicare le percentuali di compensazione solo in relazione ai propri prodotti, mentre per le cessioni relative ai prodotti dei mandanti troveranno applicazione le regole ordinarie. Le prestazioni effettuate dai retisti nell’ambito della rete sono altrettanto irrilevanti ai fini dell’Iva. Ai fini delle imposte dirette la fattispecie del contratto di rete agricolo può essere inquadrata nell’ambito della conduzione associata, ex articolo 33, comma 2, del Tuir; pertanto il reddito agrario derivante dallo svolgimento delle attività agricole concorre a formare il reddito di ciascun associato, per la quota di sua spettanza, stabilita nel contratto stesso.