Revisori, «sì» al compenso minimo
Le regole sui professionisti impegnati come revisori dei conti in Comuni, Città metropolitane e Province devono individuare un compenso minimo, oltre al tetto massimo. E dal momento che i tetti sono articolati in base alle fasce demografiche, in ogni ente va assunto come livello minimo la somma massima prevista nella fascia inferiore. Nella fascia più bassa, cioè nei Comuni fino a 500 abitanti o negli enti di area vasta fino a 400mila residenti, il minimo va individuato nell’80% del massimo.
Le istruzioni arrivano dal Viminale, che nell’ultima riunione dell’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali prova a risolvere uno dei paradossi più vistosi delle complicate regole sui revisori.
La legge, e in particolare il Dm dell’Interno del 20 maggio 2005, individua per ogni fascia demografica un limite massimo (mai più aggiornato da allora), che oscilla dai 2.060 euro lordi all’anno per i Comuni fino a 500 abitanti ai 17.680 euro per gli enti più grandi (Comuni sopra i 500mila abitanti e Province e Città metropolitane con più di 400mila residenti). Le regole, però, non individuano alcun limite minimo, lasciando integralmente la scelta nelle mani del Comune: scelta che arriva con il decreto di nomina, quando l’ente conosce i nomi dei revisori estratti dalla Prefettura di riferimento.
Questo buco normativo ha prodotto in più di un caso compensi ultraleggeri anche rispetto agli austeri parametri normativi, che hanno portato i diretti interessati a rinunciare all’incarico oppure ad avviare un contenzioso. Del tema si era interessata anche la Corte dei conti della Lombardia, che ad aprile (delibera 103/2017) aveva chiesto alla sezione Autonomie la possibilità di individuare un limite minimo. I giudici contabili di Roma, però, il 28 giugno avevano chiuso la porta (delibera 16/2017) perché senza una legge di riferimento la Corte non si può avventurare in interpretazioni che aumentano la spesa pubblica.
Una norma serve ancora per blindare la partita, ma l’orientamento ha un peso anche perché arriva da un organismo, l’Osservatorio, che oltre al Viminale rappresenta Mef, Affari regionali, Anci e professionisti. L’indicazione ha una sorta di effetto a catena perché, con un’altra regola dalla logica curiosa, il compenso rappresenta il tetto anche per i rimborsi spese, che non possono superare il 50% dell’indennità riconosciuta al revisore.